Mi piace definirmi “siciliano del nord” e, lontano da ideali secessionisti, ho sempre pensato che l’Italia sia una sola. Una radicata certezza che, talvolta, viene scalfita da episodi come quello capitato nei giorni scorsi.
Chattando su Facebook da Piazza Armerina, ridente città ai piedi dell’Etna (famosa per i suoi mosaici romani), una mia cugina ha chiesto a mia sorella: “Ma voi al nord pagate i buoni mensa della scuola?”. Una domanda posta con un candore disarmante. Non è stato facile spiegarle che è normale pagare la refezione dei figli. La reazione è stata istintiva: “Stai scherzando? Dev’essere il Comune a pensarci! E’ un servizio pubblico che dev’essere per forza reso alle famiglie”.
Vai a dirle che non è proprio così, che ovunque sono i genitori a pagarsi mensa e scuolabus. La conversazione via chat è divenuta un dialogo fra sordi.
Già, perché è difficile, se non impossibile, scardinare la diffusa cultura assistenzialista del meridione. Ovvio che anche al nord si può trovare gente che la pensa così. Questo episodio, tuttavia, dimostra che è pure l’idea del “tutto è dovuto” ad avere rovinato il mio sud e, di riflesso, l’Italia. Un meridione che ha risorse storiche e umane incommensurabili ma che, continuando a trascinarsi fra indolenza e assistenzialismo, rimarrà sempre non uno ma due passi indietro. Come si può, in questo scenario, anche solo ipotizzare il reddito di cittadinanza?
Stefano Di Maria
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