Un tempo il comunismo era una realtà fortemente presente nella vita italiana. C’era il Pci, c’era Democrazia Proletaria, c’era l’Unione Sovietica, c’era la Cina di Mao, c’erano le caserme piene di soldati al confine con la Jugoslavia poiché si temeva un’invasione “rossa”. Poi c’erano i nemici del comunismo e il nemico numero uno era la Chiesa Cattolica, duramente perseguitata nei Paesi dell’Est come in Cina e punto di riferimento in Italia per la Democrazia Cristiana. Due mondi lontanissimi, nemici per la pelle, che spesso si odiavano. Oggi del comunismo non è rimasto quasi nulla: l’Urss è crollata, il Pci è scomparso, Cuba strizza l’occhio agli americani, la Cina è diventata l’impero del consumismo e della globalizzazione… Nessuno parla più di proletari, il capitale non è più visto come il diavolo, ormai conta solo il denaro. C’è solo un uomo, tra i Grandi della Terra, che denuncia ancora le iniquità sociali, che accusa le multinazionali di dissanguare il pianeta, che punta il dito contro lo “sfruttamento economico globale”, che sabato in un discorso pubblico ha detto che occorre fondare “un modello economico che non sia organizzato in funzione del capitale e della produzione, ma del bene comune”. Parole che, forse, hanno fatto risvegliare il fuoco mai sopito nell’animo di qualche antico comunista. Poveri comunisti, verrebbe da dire, perché quest’uomo che oggi accusa duramente il capitalismo altri non è che… Papa Francesco, il capo di quella Chiesa Cattolica che loro tanto hanno combattuto. Non sarà un comunista, ma una speranza, in fondo, la dà anche a loro.
Piero Uboldi