Gli italiani, purtroppo, hanno la memoria corta, ma è bene, ogni tanto, dar loro una bella rinfrescata.
Vi ricordate quale fu, nel 2013, l’argomento principe della campagna elettorale per eleggere il nuovo
parlamento italiano? Fu la questione dei guadagni astronomici dei parlamentari.
Eravamo nel pieno della crisi, la Fornero aveva appena colpito lavoratori e pensionati, le Partite Iva boccheggiavano, le ditte chiudevano, le ila dei cassintegrati
s’ingorssavano. E i parlamentari promettevano, giuravano e garantivano che, se fossero stati eletti, si
sarebbero ridotti quei compensi astronomici che, tra stipendio, rimborsi, spese telefoniche e “esercizio di mandato”, possono arrivare a un gruzzolo di ben 15mila euro al mese, 180mila euro all’anno, quasi tutti esentasse. E c’è chi sostiene che siano anche di più.
Passate le elezioni, nessuno ha più parlato di questa montagna di soldi, nessuno in questi tre anni di legislatura è riuscito a convincere il parlamento a “tirare la cinghia”, come hanno fatto tutti gli Italiani. Va detto, per correttezza, che i parlamentari di 5 Stelle versano una parte dei loro compensi in un fondo che sostiene le piccole imprese, ma lo fanno volontariamente, mentre il parlamento, l’organo dei cittadini italiani, non è capace di tagliarsi quei grassi compensi. “Tanto poi, passate le elezioni, gli Italiani si dimenticheranno delle promesse”, avrà detto qualcuno. Ed è proprio così.
Piero Uboldi