Io quando ero bambino avevo una zia molto anziana, nata nel 1910, e ricordo bene che mi raccontava della “Spagnola”, l’epidemia che colpì il mondo nel 1918: ne parlava come di un incubo che le era rimasto impresso per tutta la vita. Un’epidemia che aveva molte analogie con quella attuale, un virus molto aggressivo che colpiva i polmoni, che raggiunse tutto il mondo e causò dai 30 ai 50 milioni di morti. Nella nostra zona arrivò a inizio primavera del 1918, come spiega un prezioso studio di Carlo Preatoni di cui scriviamo nelle pagine di Garbagnate, ma quella fu solo la prima ondata: non avendo infettato tutti (poiché l’arrivo dell’estate la attenuò, come accade per qualunque virus influenzale), riesplose in ottobre e fu allora che fece strage tra la nostra gente.
Se vogliamo imparare dalla memoria, dunque, va bene guardare alla ripresa, alla riapertura delle attività, ma prepariamoci seriamente anche al peggio, al possibile ritorno aggressivo del virus in autunno, per non trovarci senza strategie, senza mascherine e senza ossigeno. Perché, se la storia insegna, è bene ascoltarla.
Piero Uboldi