Dopo il primo lockdown i volontari della Sos non avrebbero mai voluto dover uscire ancora in ambulanza indossando tuta, calzari, visiera, mascherina Fp2 e doppio paio di guanti: è quello che avevano scritto in un post su Facebook quando si era registrato il riacutizzarsi dei contagi, assicurando che “ce la faremo anche questa volta”. Alla domanda se siano spaventati, rispondono: “Piuttosto siamo ormai preparati ai casi che ci si presentano. Bisogna munirsi di pazienza, perché si rischia di stare per ore fuori dagli ospedali in attesa. E’ difficile anche spiegare ai familiari dei malati che non potranno vederli mentre sono ricoverati, ma solo sentirli per telefono”.
C’è poi da considerare il disagio psicologico cui vengono sottoposte le persone, che magari hanno la febbre da giorni ma non sanno se hanno effettivamente il Covid: accade perché il medico non risponde, non li visita, o le telefonate agli organi sanitari sono inutili.
L’età delle persone in difficoltà respiratoria varia: sono di più gli anziani, ma non mancano i 50enni: “Troppo spesso sentiamo parlare di terrorismo mediatico – dice la Sos – Noi possiamo solo dire che ne abbiamo visti tanti entrare in pronto soccorso e, dopo 15 minuti, essere già sotto il casco… Per questo a chi parla di terrorismo mediatico consigliamo di farsi un giro negli ospedali”.