di Stefano Di Maria
Fra i numerosi titoli italiani che Netflix sforna a ritmo serrato ormai da tempo, spicca GENERAZIONE 56K, pubblicato di recente. E’ un prodotto seriale che stupisce, a metà fra la commedia e il romantico, con al centro una di quelle storie d’amore per cui hai voglia di fare il tifo, sperando che si aggiusti tutto e che il finale non sia deludente.
A fare da sfondo alle vicende sono la Napoli di oggi e la suggestiva isola di Procida di fine anni Novanta: due piani temporali in cui vediamo i protagonisti adulti e bambini alternarsi tra presente e passato in modo coinvolgente, grazie a un’ottima scrittura e a un cast di attori tanto bravi quanto sconosciuti (a parte i famosi comici di The Jackal). Proprio il passato è quello che dà il titolo alla serie: la generazione cresciuta con l’avvento di internet, quando i computer con lo schermo a tubo catodico si collegavano col modem a 56k, che si connetteva con quei suoni difficili da dimenticare per chi ha vissuto quel periodo. Così come le immagini di donne nude scaricate con una lentezza esasperante, mentre si stava con gli occhi incollati allo schermo in trepidante attesa. Un tuffo nel passato intriso di nostalgia: è come se vedessimo delle foto sbiadite, che ci riportano a un tempo ormai perduto, di cui restano i ricordi delle cassette VHS, dei floppy-disk e dei walkman, oggi preistoria ma all’epoca molto all’avanguardia.
Nel presente si incontrano per caso due compagni di scuola: Daniel (Angelo Spagnoletti) e Matilda (Cristina Cappelli), ritrovandosi a riscoprire da adulti l’amore vissuto da bambini. Peccato che lei stia per sposarsi. Tutt’attorno ruotano gli amici di Daniel, Sandro (Fabio Balsamo) e Luca (Gianluca Colucci), e l’amica di Matilda, Ines (Claudia Tranchese). I due protagonisti funzionano davvero bene insieme, fanno fuochi artificiali: convincenti in ogni scena, danno l’impressione che ne faranno di strada in tv o al cinema. Cristina Cappelli, per altro di grande bellezza, interpreta perfettamente il ruolo di una donna divisa fra l’impegno del futuro matrimonio (per altro con un uomo che l’ama da morire) e un amore sbocciato all’improvviso. La scelta, alla fine, le farà riscoprire se stessa, ciò che vuole davvero, a prescindere dall’innamoramento. Anche in questo aspetto sta la forza della serie, che non sceglie l’happy end melenso e scontato.
Insomma, il creatore, regista e co-sceneggiatore Francesco Ebbasta ha fatto davvero un buon lavoro (fra l’altro, ottima la scelta delle colonne sonore). Certo GENERAZIONE 56K non è esente da difetti, come le poco credibili coincidenze tipiche delle commedie romantiche, ma che importanza ha se il prodotto è piacevole e ci fa assaporare un passato che non tornerà più? Alla fine della visione degli otto episodi, resta nella mente l’immagine di Daniel adulto con la testa china sul cellulare per cercare Matilda, alternata a quando, bambino, la spiava dalla finestra di fronte: non c’erano i cellulari ma era certo più emozionante.
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