Sabrina Lanzi, da Bollate ad ambasciatrice della musica.Un’artista eccellente che al pianoforte affascina il pubblico in Italia come all’estero. Sabrina Lanzi, pianista di Bollate (anche se adesso vive nel Monferrato) ha fatto della musica una ragione di vita. Dotata di tecnica agguerrita, con accurata ricerca di suoni e di colori, cantabilità alta e dispiegata, prima pianista donna italiana ad aver eseguito l’intera opera di Rachmaninov. Il Notiziario l’ha intervistata per fare il punto sulla sua brillante carriera.
Come è nata questa “vocazione alla musica”?
“Possedere un pianoforte è fantastico ma… imparare a suonarlo sarebbe ancora meglio, no? E’ esattamente questo che, all’età di 5/6 anni, passava per la mia testa. E fu così che i miei genitori mi regalarono un pianoforte, era bellissimo mi ricordo. Uno di quei pianoforti verticali con un certo stile, lo strumento non era di quelli moderni ma aveva delle caratteristiche come mobile tipiche degli strumenti di inizio novecento, con una tastiera in avorio e un suono bellissimo. Iniziai a prendere le prime lezioni, il mio apprendimento era piuttosto veloce e ben presto mi resi conto che, senza costrizioni, mi piaceva molto. Mi piaceva il suono, la vibrazione dello strumento, adoravo il meccanismo delle mie piccole dita che si muovevano sulla tastiera”.
Una volta indirizzata verso questa strada la sua vita è cambiata?
“Sì, indubbiamente lo studio di uno strumento è particolarmente impegnativo e l’esercizio giornaliero richiesto porta a dover rinunciare a tante cose. Il tempo libero è risicato e la testa è sempre impegnata a comprendere come risolvere alcuni passaggi, come dare senso ad una esecuzione, con quale criterio scegliere un brano piuttosto che un altro…”.
La famiglia come e quanto ha inciso e si è resa importante per la sua professione?
“Sono stata molto fortunata, i miei genitori mi hanno sempre sostenuta ed hanno creduto in me lasciandomi sempre libera di decidere come impegnare il mio tempo con lo strumento. Mio padre, purtroppo mancato nella scorsa primavera, era un amante della musica. Anche se non quella classica ma possedeva un ottimo senso del ritmo e una speciale intuizione musicale”.
Oltre ad essere un’ottima pianista è impegnata professionalmente anche in altre attività?
“Vivo nel Monferrato da ormai quasi 20 anni, sono presidente fondatrice e direttore artistico di un grande festival qui (quasi 50 concerti all’anno) e di un’orchestra sinfonica. Si tratta di due realtà dedicate ai giovani professionisti che, ormai da dieci anni, sono itineranti sul territorio monferrino ed hanno un grande seguito di pubblico che arriva anche da molto lontano a seguire gli eventi. Dall’anno scorso la Monferrato Classic Orchestra è divenuta l’ orchestra della città e del Teatro Municipale di Casale Monferrato. L’impegno è molto alto e richiede tempo e organizzazione. Ma sono immensamente grata a questo territorio per l’incredibile fiducia che mi ha conferito”.
C’è “sofferenza/gioia” durante l’interpretazione musicale?
“Credo che ognuno di noi viva la musica in modo personale e, per certi versi, ineffabile. A volte è difficile individuare le parole giuste che possano descrivere i processi emotivi che si innescano ad ogni esecuzione. Sicuramente è una sorta di trance in cui il tempo si ferma e l’anima vibra”.
Quali sono le caratteristiche peculiari che si riconosce come strumentista?
“Premesso che non sono mai soddisfatta delle mie esecuzioni, è successo raramente in 40 anni di attività che io fossi orgogliosa di come ho suonato qualcosa! Questo potrebbe essere una peculiarità negativa? Si, probabilmente sì. Riconosco come lato positivo in me la costanza e la metodicità nello studio e il fatto che non mi arrendo di fronte alle difficoltà in partitura. Tante le critiche che mi hanno definita una pianista dal forte carattere interpretativo e dotata di un suono di rara bellezza”.
Come sta cambiando la musica nel secondo millennio?
“Sicuramente l’avvento della pandemia ha fortemente modificato l’abitudine del pubblico a seguire gli avvenimenti concertistici. Credo che manchi a molti quella libertà perduta, nonostante oggi la situazione abbia dato cenni di miglioramento, sono ancora tanti ad avere timore di “chiudersi” in sala da concerto. Sono stati numerosi i concerti in streaming effettuati durante la pandemia, io stessa ne ho fatti diversi. Ma non è la stessa cosa, anche e soprattutto per noi interpreti che ci siamo visti privati di quella magia che il pubblico comunica. Ci si sente svuotati e frustrati di non essere riusciti a comunicare qualcosa, ad aver creato quel sottile e potente filo dell’attenzione”.
Il pubblico di sala nella sua composizione è mutato nel tempo?
“Sicuramente nel corso degli anni tutto cambia, tutto si modifica prendendo forme differenti. La sostanza rimane la stessa però, non importa se nel pubblico ci sono culture differenti, età differenti, ecc. Sempre a causa della passata pandemia, si è teso a eliminare per esempio l’intervallo tra una prima e seconda parte del concerto. Anche se è sicuramente più faticoso per l’esecutore ma rende giustizia alla concentrazione stessa, spesso interrotta dalla pausa”.
Quali sono gli autori che maggiormente spiccano nel suo repertorio?
“Sono molti i compositori che ho nel mio repertorio, ognuno di loro ha contribuito a edificare la mia preparazione musicale. Ogni autore possiede un evidente processo umano che viene riversato nelle composizioni. È molto importante adottare in fase di studio una particolare attenzione a questi aspetti, ogni compositore è stato principalmente un uomo che ha trascorso la sua vita in una certa epoca, vivendo i drammi esistenziali e le gioie umane. Queste caratteristiche formano un carattere, una predisposizione… Chopin ad esempio è incline alla malinconia sfumata, dettata dal suo impegno emotivo verso la spiccata patriotticità che lo attraversava
Gli studenti di oggi dimenticano tutte queste caratteristiche, sono molto impegnati a mostrare il perfetto lato tecnico in ogni composizione dimenticando l’ assoluta importanza del lato umano del compositore. Difficile se non quasi impossibile trovare docenti che aiutino gli studenti alla profonda comprensione di tutto ciò. Detto questo, ci sono autori che maggiormente si avvicinano alla mia formazione emotiva e questi sono Bach, Chopin, Rachmaninov e Liszt”.
Sabrina Lanzi, da Bollate una vita per la musica
Lei ha avuto svariati riconoscimenti professionali; la sua città di Bollate si è mai ricordata di lei?
“Oltre ai numerosi premi pianistici ottenuti in concorsi nazionali ed internazionali, mi è stato conferito il titolo di Cavaliere della Repubblica per meriti artistici e professionali. Mi è stato consegnato dal Presidente Napolitano del 2014. La Città di Bollate mi ha conferito il titolo di Cittadino onorario”.
Quale musica gradisce ascoltare quando è libera da impegni?
“Amo il silenzio, dopo lo studio preferisco essere assordata dal nulla. Vivo in una zona dove il silenzio fortunatamente non manca, ed io ne godo appieno. Amo comunque la musica popolare, o comunque la musica con interessanti ed inusuali strutture ritmiche”.
Quali dovrebbero essere i criteri per avvicinare i giovani alla musica classica?
“Non credo ci siano dei criteri particolari per avvicinare i giovani alla musica classica. Sono fortemente convinta che non sia per tutti, occorre del talento e molto spirito di sacrificio. Non tutti sono portati a farne una vera e propria professione. Viviamo altresì in un’epoca in cui la superficialità e la fretta regnano da padrone, non sono caratteristiche che possono andare d’ accordo con lo studio della musica classica. Ma principalmente occorre “sentire” qualcosa, una chiamata un forte desiderio interno ad avvicinarsi a questa tipologia di studio. Sono in molti a considerarlo solo un hobby, nelle scuole la musica non ha lo spazio adeguato, i conservatori si stanno svuotando e ci sono meno iscritti…”
In definitiva per Lei la musica cos’è?
“Per me la musica è una ragione di vita, io non mi riesco ad immaginare senza. Respiro con lei, è la mia migliore medicina. In tutti i sensi. E’ il riflesso della mia anima, un’esigenza interiore. La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori. (Johann Sebastian Bach). Il silenzio inteso come solitudine, come pochezza d’ animo, anziché distrarci dagli eventi, dovremmo imparare ad ascoltarci. La vera potenza della musica sta nella incredibile forza introspettiva che aiuta a trovare se stessi”.
L’incontro che le ha “stravolto” la vita e che ancora oggi ricorda?
“Friedrich Gulda mi ha lasciato un segno indelebile dentro, mi ha istillato durante le lezioni la consapevolezza della libertà e il grande valore da attribuirle. Ivo Pogorelich mi ha insegnato il raccoglimento interiore e il rispetto e l’accudimento di questo. I concerti realizzati con i Berliner e i Wiener mi hanno sicuramente colpita tantissimo, hanno un feeling musicale incredibile fra di loro ed una eccezionale forza intuitiva che consente di poter suonare con assoluta libertà”.
Questo anno ancora all’ombra della pandemia come ha inciso sull’andamento dei vari obiettivi che si era prefissata?
“Alcune date sono state cancellate, ad inizio pandemia avevo in cartellone una tournèè in Spagna e una in Germania. Altre date sono state invece posticipate o tradotte in concerti in streaming. Nonostante tutto questo i miei progetti procedono e l’attività è ripresa”.
Facendo un feedback della propria vita c’è qualche cosa che cambierebbe?
“Non cambierei nulla, tutto quello che ho vissuto ha concorso a creare e a dare una forma alla mia vita. Il destino di ognuno di noi è già prefissato e non modificabile, sono convinta di questo”.
Progetti in corso o in divenire?
“Come ogni anno, lavoro intensamente alla progettazione del festival e della programmazione della stagione sinfonica. Inoltre sto preparando un impegnativo programma da camera comprensivo di brani dal trio al quintetto per futuri impegni concertistici. Ho differenti date di concerti da realizzare, sia come solista che come solista con orchestra. Gli impegni si svolgeranno in Italia e all’estero”.
Prossimo evento, magari vicino alla nostra città?
“Purtroppo non ho eventi in programma vicini a Bollate, forse il più vicino sarà nel prossimo aprile 2023 a Casale Monferrato dove eseguirò il terzo pianoconcerto di Rachmaninov. Gli altri eventi sono sfortunatamente più distanti”.
Consiglierebbe a sua figlia di perseguire la strada concertistica?
“E’ ciò che ho fatto, in realtà. Mia figlia Asia, oltre ad essere una informatica, è una splendida flautista impegnata come primo flauto nella mia orchestra Monferrato Classic Orchestra. So che la musica le ha dato tanto e continuerà a dare a lei forti emozioni e consapevolezza di se stessa”.
Ha altri interessi particolari oltre la musica?
“Sono una grande appassionata di animali, vivo in casa con 10 gatti e un cane! Insegnano molto e possiedono una magica energia. Sono altresì appassionata di piante, di cucina, di genealogia, di orologi. E, non per ultima, di poesia”.
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