Per chi suona la campanella? Se lo chiedono genitori e studenti che a Saronno hanno manifestato, domenica 21 marzo, per chiedere di tornare tra i banchi di scuola. Armati di zaini, cartelli colorati e voglia di stare insieme in duecento circa si sono dati appuntamento nel pomeriggio in piazza Libertà in un presidio anti “didattica a distanza” organizzato in tutta Italia dalla rete nazionale Scuola in Presenza. «All’entrata della seconda settimana di Dad – dice la coordinatrice del comitato saronnese Francesca Marchetti – i nostri ragazzi non hanno la percezione di andare a scuola. Le insegnanti fanno un gran lavoro ma con il fatto di stare a casa i ragazzi è come se stessero sempre in intervallo». Le fa eco Sara Roccabruna l’altra mamma che insieme a Marchetti ha organizzato la mobilitazione : «La dad ha lacune dal punto di vista della didattica ma soprattutto fa perdere tutti gli aspetti sociali, culturali e relazionali della scuola. La scuola non è solo didattica ma i bambini hanno la possibilità di confrontarsi con i loro pari e con adulti diversi dai loro genitori e questo nella didattica a distanza non c’è».

Disegni di protesta dei bambini contro la Dad a Saronno
Tra laboratori e musiche, la piazza si è riempita di simboli dalle maschere bianche per denunciare l’alienazione provocata dal distanziamento, cappelli a cono d’asino contro il rischio di dispersione scolastica. Tanti i disegni di protesta: Sofia, 7 anni ha scritto i nomi dei compagni di classe che non vede ormai da settimane. Filippo, 12 anni studente di seconda media, critica i limiti della dad. «Il metodo in cui i professori spiegano in presenza è molto più efficace – dice – in dad guardiamo i video ma non è la stessa cosa. Noi alunni riusciamo meglio a capire le spiegazioni se vediamo il professore che scrive sulla lavagna».
Secondo i manifestanti poi la dad ha evidenziato ancora di più altri problemi come la parità di genere. Ne è convita Katia Nesci madre di due bambini delle elementari: «Si tende a derogare il lavoro di cura completamente sulle donne, parte della società e della famiglia delegata alla cura e quindi anche se non si dice l’idea è che tanto la mamma si prende cura di tutto». Il disagio è crescente anche tra i padri: «Abbiamo superato la capacità di sopportazione – dice Alessandro D’Andrea – se la scuola è sempre stata aperta durante la seconda ondata quando c’erano più casi in numero assoluto anche nella nostra zona non vedo perché le scuole fino alla prima media almeno non debbano rimanere aperte».
Claudio Agrelli
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