Garbagnate, Badi: dalla Bioingegneria a tutor scolastico.
Una cultura ed una formazione eccellente, laureato in Bioingegneria, Carlo Maria Badi, dopo una brillante carriera, con una specializzazione rara, ora dedica parte del suo tempo al tutoraggio scolastico pomeridiano come volontario di “Oltre la Scuola”, un progetto che fa capo alla Caritas cittadina, così da offrire ai giovani l’apporto delle sue competenze.
Professore, ci racconti un po’ di lei…
“Sono nato a Milano ed ho frequentato le scuole presso l’Istituto Gonzaga. La laurea è stata conseguita nel 1972 in Biongegneria presso il Politecnico di Milano dove poi ho lavorato come ricercatore svolgendo parallelamente supplenza di Macchine e Misure Elettriche. Nel gennaio del 1974, nell’atrio dell’Istituto di Elettronica del Politecnico è apparso un bando per l’assunzione di un bioingegnere presso l’Ospedale Niguarda. Sono risultato l’unico concorrente al bando (Bioingegneria era una specializzazione molto rara) e dal 1974 sono rimasto al Niguarda fino al 2014, fino a dirigere il Dipartimento Tecnico Logistico. Durante la mia attività ospedaliera ho potuto svolgere varie attività didattiche: insegnamento dei corsi di Fisica e Biofisica e Statistica Medica per il diploma di laurea di Scienze Infermieristiche da 1975 al 2017; insegnamento del corso di Impianti Ospedalieri per il corso di laurea di Ingegneria Clinica presso il dipartimento di Bioingegneria del Politecnico di Milano dal 1995 ai giorni nostri”.
Carlo Maria Badi, di Garbagnate, dalla Bioingegneria a tutor scolastico
La sua famiglia di origine ha inciso sulle sue scelte?
“Ovviamente la famiglia ha avuto influenza (parziale) sulle mie scelte. Figlio di due genitori laureati (mia madre in Lettere e mio padre in Scienze Politiche), ho avuto mio nonno materno e mio zio laureati in medicina e secondo l’opinione dei parenti avrei dovuto essere il medico di terza generazione. Ho sempre avuto buoni risultati scolastici e, alla fine delle scuole medie, i docenti mi consigliavano di iscrivermi al liceo classico. Contrariamente a questa indicazione ho deciso per il liceo scientifico (come mio padre), ma alla fine del liceo non ho potuto iscrivermi a medicina per il parere contrario di mio padre che aveva una pessima opinione della professione medica. Mi sono quindi iscritto a Ingegneria ma, avendo scoperto la possibilità della nascente specializzazione di Bioingegneria, ho trovato la sintesi tra le scienze della vita e quelle della tecnologia. Di questa scelta sono stato e sono tuttora molto soddisfatto”.
Un percorso scolastico votato alla tecnologia con vocazione biologica: come è giunta tale scelta?
“Nella fase specialistica del mio corso di laurea ho conosciuto il settore dei controlli automatici (sistemi “intelligenti”), ma soprattutto ho conosciuto una materia fortemente matematica che veniva insegnata per la prima volta in Italia da docenti provenienti dal Caltech, che è Teoria dei sistemi. Con la Teoria dei sistemi è possibile costruire un modello quantitativo di qualsiasi entità, comprese quelle del mondo vivente e quindi (teoricamente) anche dell’uomo. L’approccio sistemistico, che attualmente viene spesso citato senza avere idea di che si sta dicendo, è uno strumento che mi ha permesso di svolgere il mio lavoro per problemi minimali o molto complicati/ complessi in ospedale ed è, a tutt’oggi, la base per una comprensione delle cose a prescindere dal campo di cui si tratta. In realtà tra tecnologia e biologia c’è assoluta contiguità”.
La sua figura professionale come si è sviluppata all’interno dell’Ospedale Niguarda?
“Negli anni ’70 la diffusione delle tecnologie biomediche negli ospedali aveva richiesto la presenza di competenze interne per il funzionamento, la manutenzione, la gestione e la sicurezza di centinaia di apparecchiature ed il mio approccio sistemistico ai problemi tecnici mi ha portato ad interessarmi alle reti impiantistiche che interagiscono costantemente con le apparecchiature biomediche, fino ad avere una visione complessiva come sistema preparandomi al profondo rinnovamento strutturale di un grande ospedale come Niguarda dove si tocca con mano il mistero della malattia e della morte: chi entra tutti i giorni in ospedale viene sfidato da questa realtà incontestabile e deve rispondere. Il problema principale delle strutture sanitarie è che il personale, per sopravvivere a questo urto, si riveste progressivamente di una guaina di indifferenza che, a lungo andare, impedisce di capire i problemi e di risolverli”.
Come è stata la scelta di diventare tutor scolastico con Oltre la Scuola?
“E’ stata una scelta del 2016 molto semplice per la conoscenza di Marina Rossi: la mia esperienza didattica precedente mi ha orientato nella scelta”. Come trova gli attuali studenti? “Premesso che nel doposcuola abbiamo a che fare con studenti di una categoria particolare (quelli che la scuola stessa di appartenenza ha segnalato per il doposcuola), l’impressione generale è che tutti si trovino scissi tra una realtà semiprivata (quella virtuale che frequentano con apparente scioltezza) e quella “concreta” che dimostrano di non conoscere e, sostanzialmente, di temere. L’impostazione dei testi scolastici della scuola media permette l’acquisizione di un esteso arcipelago di isole di conoscenza che dovrebbero galleggiare su un mare di esperienze e nozioni di base che vengono date per acquisite ma spesso sono ignorate dai ragazzi. Queste sono le esperienze della realtà “concreta” che mancando generano paura. Il lavoro da fare è molto difficile e richiederebbe, in ogni caso, molto più tempo di quello che è possibile con il doposcuola. Però, sulla base della nostra esperienza, si potrebbero cercare, se non soluzioni, approcci più efficaci a questi problemi”.
Coltiva interessi?
“Sport: sono stato sempre appassionato di camminate (Santiago) e trekking; musica: suono l’organo dagli anni del liceo; letture: sono sempre stato onnivoro: dopo una fase di letture sulla teoria della conoscenza, attualmente mi occupo dei grandi temi ambientali; pittura ecc.: mi sono specializzato nel disegno ad inchiostro di china, anche se attualmente lo faccio raramente”.
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