Limbiate, un’estate da clown in Libano a donare sorrisi nei campi profughi.
Da Limbiate in Libano per portare un sorriso all’interno dei campi profughi. Vincenzo Casciello in arte Johnny Bucci e la sua fidanzata Caterina Toschi, dal 2006 fanno parte dell’Associazione di clown terapia Veronica Sacchi con sede a Milano.
Solitamente si occupano di portare un sorriso facendo i clown all’interno degli ospedali o delle case di cura per anziani a Milano, Monza o Lecco, ma da anni organizzano durante l’estate anche trasferte all’estero con l’associazione. Vincenzo Casciello, classe ’81, nella vita lavora come programmatore, ma la passione per la giocoleria non solo lo porta a fare il volontario negli ospedali e all’estero, ma anche ad organizzare spettacoli di magia privatamente durante feste o iniziative pubbliche. Ci ha raccontato la sua ultima esperienza all’estero: ha vissuto due settimane tra i campi profughi palestinesi e siriani che sono in Libano ed è tornato con un bagaglio di esperienza notevole.
“Ero già stato con l’associazione in Albania, in Congo, in Serbia e in Ucraina, ma questa volta è stato diverso. Solitamente siamo sempre negli ospedali e facciamo nei nostri viaggi quello che facciamo qua in Italia. Questa volta si è scelto di andare nei campi profughi facendo spettacoli e workshop di creazione strumenti musicali e magia al loro interno. Un’esperienza nuova che mi ha segnato. Abbiamo visitato il Campo profughi palestinese di Shatila a Beirut presso Basket Beats Borders, la Clinica medica di Mediterranean Hope e i Campi profughi siriani di Tel Abbas, Miniara e Bkarzle nel nord del Libano al confine con la Siria tramite Shining in Peace e Relief and Reconciliation for Syria. L’associazione che ci ha permesso di fare questa esperienza e che ci ha coordinato lì sul posto è stata Operazione Colomba”.
In 10 da Bollate, Limbiate e non solo, a portare sorrisi ai bimbi profughi in Libano
“Eravamo in 10 ed oltre a me e la mia ragazza vi era anche Antonio Curcio, in arte Arteban, della zona, risiede infatti a Bollate, paese dal quale io mi sono trasferito 12 anni fa”.
Il gruppo ha quindi potuto toccare con mano la vita di chi scappando da guerra e miseria si trova di fatto confinato in un paese che li pone ai margini delle proprie città non permettendo neppure ai bambini di andare nelle scuole pubbliche libanesi.
“I bambini fin da subito ci cercavano e partecipavano volentieri alle attività che proponevamo. Molti erano soli ed avevano bisogno di affetto e attenzioni. Siamo anche riusciti a parlare con degli adulti che ci hanno raccontato le loro fatiche nel fuggire e la loro rassegnazione priva di speranza nel futuro. In Siria ad esempio oggi c’è una situazione di guerriglia perenne e c’è chi ha perso le speranze di rientrare. Noi abbiamo vissuto anche alcune delle loro condizioni difficili, alcune sere abbiamo dormito in una palestra e usato docce salate perché in quei posti non vi era altro modo per lavarsi”.
Un’esperienza forte che sicuramente avrà segnato l’intero gruppo ancora frastornato nei primi giorni dal rientro.
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