Domenica scorsa abbiamo portato due amici stranieri a visitare Expo. Hanno evitato le lunghe code di alcuni padiglioni, ne hanno visitati tanti altri, hanno assaporato il cibo italiano ed erano felici. Alla fine, però, sono usciti piangendo. “Cos’è successo di così brutto da farli piangere?”, vi chiederete. Nulla, non è successo nulla di brutto, le loro erano lacrime di commozione. Come ultimo atto, infatti, li abbiamo portati ad ammirare l’Albero della vita, proprio quell’albero che gli esperti d’arte (sensibili come rocce) giudicavano una porcheria, quell’albero che i soloni non volevano all’Expo, che è stato realizzato (gratis) all’ultimo momento da Sistema Brescia. Non lo volevano, ma ora la gente lo ammira, lo filma, piange nel vederlo. La cosa bella è la semplicità di quell’opera, in fondo è solo luce, acqua e musica, tre ingredienti “normali” che però, se uniti con sapienza, sanno suscitare vere emozioni.
Adesso quell’albero tanto vituperato lo vogliono tutti, in particolare Milano che ha capito quanto piaccia ai milanesi e ai turisti, ma Brescia, che lo ha creato, vuole portarselo via, dato che la “snob” Milano all’inizio non lo voleva. Farebbe bene Brescia, sarebbe la giusta punizione, ma noi onestamente speriamo che resti qui, simbolo della creatività italiana e memoria per coloro che si credono grandi esteti ma hanno la sensibilità della roccia.
Piero Uboldi
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