Irene Spinoso, 31 anni, di Solaro, è passata attraverso l’inferno dei Dca, disturbi del comportamento alimentare. Ha toccato il fondo e ha saputo, faticosamente, risalire: alla notizia di un’amica con lo stesso problema che non ce l’ha fatta, ha deciso di rendere pubblica la sua storia per provare a salvare altre vite.
Quello dei Dca è un problema che affligge un numero crescente di giovani e di fronte al quale, racconta Irene, “in Italia ancora oggi non ci sono risposte mediche adeguate”.
Dca: anoressia e altri disturbi alimentari, la storia di Irene che ne è uscita e vuole salvare altre persone
Il suo calvario è iniziato quando aveva 11 anni ed è proseguito fino a quando ne aveva 24. In mezzo ci sono stati ricoveri ospedalieri anche fino a 3 mesi continuativi e cure in day ospital ogni settimana, da Saronno a Monza, fino all’ospedale di Niguarda quando, a 18 anni, è arrivata a pesare 29 kg. “Ma l’approccio è sbagliato” -dice Irene.
“Si continua a curare come fosse una malattia del corpo, con i farmaci, quando invece è soprattutto un problema psicologico, come conseguenza di un grosso trauma, come l’essere vittima di bullismo, come è stato nel mio caso, oppure soffrire conflitti famigliari o relazionali di altro tipo, o la perdita di una persona casa, a me è successo anche quello, quando è mancato mio padre e ho avuto una brutta ricaduta. Abbiamo bisogno di aiuto e di trovare le persone giuste che possono aiutarci ad uscirne. Nel mio caso è stato determinante l’aiuto che ho ricevuto dal mio personal trainer, Riccardo Pacucci, che non smetterò mai di ringraziare”.
Ora da 7 anni Irene sta bene, ha riconquistato il suo benessere e si prende cura del suo corpo, con rispetto e determinazione, lavora, vive con mamma e sorella, ha una relazione. Purtroppo non è andata così per Federica, 32 anni, di Napoli, che è stata compagna di reparto al Niguarda con Irene e che è morta la scorsa settimana per le conseguenze del suo disturbo alimentare.
“Non mi dó pace da quando ho letto la notizia” -dice Irene. “Questa malattia è troppo sottovalutata!
Non è un capriccio, non è un modo per cercare attenzioni. Nessuno sa cosa si prova se non ci passa. È un calvario, un tunnel nero difficile molto difficile da superare soprattutto se si è soli. La prima cosa da curare è la mente, la testa, senza dare farmaci per intontire le persone, perché così ci si spaventa e basta” -si sfoga Irene in un post che ha lasciato sulla sua pagina social proprio per ricordare Federica.
Proprio per provare ad evitare altri finali tragici come quello dell’amica, Irene vorrebbe poter aiutare quante più persone possibile e mette a disposizione la sua e-mail per entrare in contatto con lei: si può scrivere a: irenespinoso4@gmail.com
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