Garbagnate, don Claudio: intervista al sacerdote dell’ospedale.
La figura del cappellano in ospedale è punto di riferimento sotto molti aspetti sia per i degenti sia per i familiari degli stessi, come per gli operatori sanitari. All’ospedale di Garbagnate il cappellano è don Claudio Preda, un sacerdote che in città non tutti conoscono ma che ha tanto da raccontare. Il notiziario lo ha intervistato.
Garbagnate, l’intervista al sacerdote dell’ospedale
Don Claudio, come e quando è sopraggiunta la sua vocazione?
“La mia vocazione è nata nell’oratorio di Verano Brianza. Sono entrato in seminario in terza media a Masnago e ho fatto tutto il percorso seminaristico fino alla terza teologia; poi sono uscito dal seminario e sono stato due anni presso l’istituto Palazzolo a Milano. In questo istituto c’era un reparto di preti anziani non autosufficienti dove ho prestato il mio servizio per due anni. Sono successivamente rientrato in seminario per completare gli studi e diventare prete nel 1987”.
La famiglia come ha accolto la sua scelta?
“All’inizio è stata dura accettare questa scelta da parte di mia mamma. Ero quello più coccolato dei tre fratelli e anche quello più malato. A 10 anni ho avuto una operazione al cuore per ‘tappare’ un buco nel ventricolo destro. I miei genitori erano preoccupati e mia madre piangeva; mi ricordo che per consolarla le dicevano: meglio che diventi un prete che un terrorista. (erano gli anni ’70). Successivamente mi hanno sempre sostenuto e appoggiato”.
Quando è avvenuta l’ordinazione sacerdotale?
“Il 13 giugno 1987 sono stato ordinato prete dal cardinale martini. Quando sono arrivato a casa il parroco mi ha chiamato subito nel primo pomeriggio e mi ha portato da un malato a celebrare il sacramento dell’unzione degli infermi. Questo è stato il mio primo sacramento che ho celebrato. Mi ricordo che in occasione del pranzo della prima messa svoltosi in oratorio mio papà a metà pranzo ha tirato fuori una bottiglia di vino bianco che aveva acquistato in terra santa. Era una bottiglia di vino di Cana di galilea ed è stata bevuta necessariamente a canna”.
Quale è stata la sua prima destinazione?
“La prima destinazione è stata la parrocchia dei Santi Cosma e Damiano di peschiera borromeo come coadiutore dell’oratorio. La composizione dell’oratorio era particolare: era formato da due container come aule di catechismo e un vagone del treno merci adibito a spogliatoio per le partite di calcio. Sono stati 4 anni spettacolari, poche strutture ma tanta bella gente”.
Dal suo curriculum si può trarre qualche esperienza di vita che più l’ha arricchita?
“Ogni parrocchia in cui sono stato ha lasciato un bellissimo ricordo ed ho imparato ad essere prete, soprattutto grazie alla presenza di bravi parroci. Nella parrocchia di Seggiano di Pioltello ho imparato a relazionarmi con le famiglie partecipando attivamente al movimento incontro matrimoniale”.
Come ha cercato di integrarsi in questo impegno sacerdotale, con fedeli generalmente di breve tempo?
“Sto ancora imparando. In effetti non è facile ma vedo che ogni giorno imparo a relazionarmi agli ammalati e a imparare ad ascoltare più che consigliare”.
Un pensiero verso l’ospedale di Garbagnate di cui è cappellano?
“L’ospedale è luogo dove si incontrano tante persone segnate dalla sofferenza e con tante domande esistenziali. È per me una sfida continua nel cercare di testimoniare che la sofferenza non è la parola che chiude la vita ma una occasione che permette alla vita di rifiorire ritrovando nuove motivazioni per vivere meglio”.
Quali sono generalmente i “bisogni” dei suoi fedeli?
“La necessità di una vera consolazione passa attraverso l’ascolto e il dialogo sincero. Anch’io mi metto in gioco e cerco di fare tante domande per far capire che forse le risposte le trovano nel profondo di loro stessi”. Seneca in “lettere a Lucilio” scrive prendendo spunto da Ecatone (rodi): “ti rivelerò un filtro amoroso, senza unguenti, senza erbe, senza formule magiche: se vuoi essere amato, ama”: quanto e come è diverso l’amore di cristo da quello propugnato dai pagani? “l’amore disinteressato e gratuito può essere vissuto da tutti, e io non vedo differenza alcuna; penso che anche agli occhi di dio non ci siano differenze. Forse sono le motivazioni che possono diventare oggetto di discussione e indicare delle differenze. Per me è fondamentale l’esempio in Gesù di Nazaret. La singolarità di Gesù è forse l’unica cosa che può differenziare la validità del gesto di amore: Gesù ha detto amatevi come io vi ho amato. In quel ‘come io’ c’è tutta la dimensione cristiana del vivere la carità”.
Quali sono gli interessi personali?
“Sono appassionato di calcio. La mia squadra del cuore è il Milan. Mi rilassano i romanzi, il mio autore preferito è Glenn Cooper. Partecipo attivamente al gruppo di Ribatas-Salam (vincolo della pace); preghiera condivisa tra mussulmani e cristiani che viene svolta a Milano presso la parrocchia dell’incoronata guidata da don Giampiero Alberti”.
Un pensiero al mondo ospedaliero che don Claudio vuole offrire a chi dal di fuori lo giudica senza conoscerlo?
“Quando incontrerò il vescovo di Milano Mario Delpini gli dirò di mandare almeno per un anno tutti i preti negli ospedali, perché l’ospedale è un luogo dove si impara a diventare prete”.
Cosa si aspetta don Claudio nel prossimo futuro?
“Mantenere questo servizio che mi dà tanta consolazione”.
Quali sono gli orari delle funzioni religiose in ospedale?
“Riesco a celebrare l’eucarestia al mattino alle 8.00 con due o tre persone; mentre il sabato alle ore 17.00 celebro la messa prefestiva. La domenica celebro l’eucarestia alle ore 16.00 presso la casa di riposo Sandro Pertini”.
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