Lo Spid rischia di non funzionare più dal prossimo mese di aprile lasciando più di 33 milioni di italiani senza accesso a numerosi servizi digitali.
Il sistema di gestione dell’identità digitale, con il quale oggi possiamo effettuare una serie di operazioni da remoto in particolare con la pubblica amministrazione (Anagrafe, Inps, Agenzia delle Entrate, Servizio Sanitario) potrebbe disattivarsi per mancanza di accordi economici tra lo Stato e le 11 aziende che attualmente forniscono il servizio.
Spid, rischio disattivazione nel mese di aprile
Per mantenere attivo lo Spid utilizzato oggi da poco meno di 34 milioni di cittadini italiani serve un nuovo accordo economico. Le convenzioni sono infatti il 31 dicembre scorso e al momento non ci sono certezze sul rinnovo.
Per evitare la sospensione del servizio l’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) ha prorogato d’ufficio gli accordi fino al 23 aprile 2023.
La richiesta delle aziende che forniscono il servizio Spid è quella di renderlo economicamente sostenibile, ovvero di ottenere maggiori contributi economici dallo Stato.
Ad oggi lo Stato paga alle aziende 1 milione di euro complessivi l’anno per il servizio ma la richiesta delle aziende è quella di arrivare almeno a 50 milioni di euro complessivi da dividere.
Ma oltre all’incremento del corrispettivo economico, gli operatori vogliono essere coinvolti nel caso in cui agenzia e esecutivo dovessero ripensare il futuro stesso dell’identità digitale degli italiani, l’eliminazione di schemi concorrenti e la candidatura dello Spid per il futuro sistema europeo comune di identità digitale.
Ma fin dallo scorso mese di dicembre, il Governo aveva manifestato l’intenzione di abbandonare gradualmente lo Spid in favore della Carta di identità elettronica. L’azienda più coinvolta nella questione Spid è Poste Italiane, che da sola ha erogato l’80% di Spid in circolazione.
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