Si stima che fino al 15% delle gravidanze si concluda con aborti spontanei e che l’interruzioni ricorrenti di gravidanza colpiscano tra l’1% e il 2% delle coppie, scatenando una ridda di fisiologiche domande sulle cause dell’accaduto. Un dato che non fa difetto nemmeno nel territorio lombardo.

L’aborto spontaneo nelle prime 24 settimane di gestazione
L’aborto spontaneo nelle prime 24 settimane di gestazione è un evento ricorrente che colpisce il 15-20% delle gravidanze. Silvana Gippone, specialista in Ginecologia e Ostetricia del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi del Gruppo San Donato, illustra le 5 principali opzioni diagnostiche e i 4 principali trattamenti in caso di episodi ricorrenti di abortività. Si tratta di episodi normalmente molto dolorosi a livello emotivo, specialmente se ripetuti.
In questi casi, è opportuno eseguire alcuni accertamenti che permettono di indagare le
eventuali cause di questa condizione e individuare le possibili opzioni di trattamento.
“La prima importante valutazione da svolgere riguarda proprio la storia clinica dei pazienti per scoprire se siano state diagnosticate in passato condizioni mediche che potrebbero essere causa di aborti spontanei. Tra queste vi sono, ad esempio, anomalie congenite, trombofilia o tromboembolia, sindrome dell’ovaio policistico, diabete o anomalie della tiroide, amenorrea o oligomenorrea”.
Indagini e cause degli aborti spontanei ricorrenti
Un’indagine da approfondire con lo screening di possibili disfunzioni tiroidee, con un esame pelvico per valutare la forma dell’utero, con un’analisi genetica, con la ricerca di autoanticorpi che attaccano erroneamente altre cellule dell’organismo di appartenenza, e con la frammentazione del dna spermatico. “Se le analisi svolte per scoprire le cause di aborti spontanei ricorrenti sono servite per avere una diagnosi – e non ci si trova quindi di fronte ai casi chiamati di ‘infertilità sine causa’ – vi sono trattamenti terapeutici specifici che possono aiutare le coppie a portare a termine la gravidanza”, spiega la dottoressa Gippone. “In caso di diagnosi di disfunzione tiroidea è consigliato il trattamento con levotiroxina, ma solo in caso di livelli molto bassi di ormoni tiroidei”, appunta la dottoressa. “In caso di malformazioni uterine, vi sono pochissime opzioni per aumentare le possibilità di una gravidanza di successo. Se l’utero è diviso da un setto si può procedere con la resezione di quest’ultimo, anche se non ci sono prove che la
chirurgia aumenti le possibilità di una gravidanza sana in futuro. Se invece sono presenti altri tipi di problemi – quali fibromi, polipi o aderenze – l’intervento chirurgico può non essere raccomandato ai fini di un miglioramento della prognosi riproduttiva. Se poi i test hanno mostrato una anomalia genetica, si consiglia ai pazienti una consulenza genetica. Nel caso infine che il problema riguardi un danno allo sperma, questo può dipendere dallo stile di vita del partner maschile e si raccomanda di smettere di fumare, di limitare il consumo di alcol, raggiungere un peso corporeo normale ed esercizio fisico costante“.
L’importanza di una consulenza medica qualificata
“Da non sottovalutare, infine, l’aspetto psicologico legato agli aborti spontanei frequenti“, conclude Gippone. “Un singolo aborto spontaneo può avere un impatto emotivo significativo su entrambi i partner, che può aumentare con ogni successiva perdita, con sentimenti di perdita, dolore o un senso di fallimento, normali e comprensibili. Noi medici abbiamo il dovere di non trascurare anche questo aspetto, oltre a quelli strettamente clinici, e suggerire ai nostri pazienti di chiedere il supporto di un professionista”.
Redazione web
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