
Giuseppe
Giuliani
Per fare il punto sulla situazione della pandemia da Coronavirus dalle nostre parti, abbiamo incontrato il dottor Giuseppe Giuliani, specializzato in microbiologia e virologia.
Dal 2011 Giuliani è direttore della struttura complessa del servizio di medicina di laboratorio dell’Azienda socio sanitaria territoriale Rhodense. In tale veste ha progettato, re ingegnerizzato e riorganizzato i laboratori degli ospedali di Garbagnate e Rho.
Nel primo si eseguono esami su sangue intero, siero e plasma con analisi di chimica, immunochimica, urine, tossicologia di I livello, ematologia, coagulazione di I e II livello, citometria dei liquidi cavitari, autoimmunità, allergologia, protidologia, sierologia infettivologia e diagnosi molecolare.
A Rho, specializzato in microbiologia e si svolgono esami di batteriologia, micobatteriologia, micologia, parassitologia e biologia molecolare. Tra Garbagnate e Rho si eseguono circa 4 milioni di esami all’anno.
Con Giuliani lavorano circa 64 professionisti, di cui nove dirigenti medici, sei dirigenti biologi e 49 tecnici sanitari di laboratorio biomedico. Cui si aggiungono altre 33 persone fra operatori tecnici, personale sanitario e amministrativo.
Professore di patogenesi e diagnostica all’Università statale di Milano, Giuliani presiede anche il comitato per la lotta alle infezioni ospedaliere e coordina nei settori della Asst le attività di prevenzione e sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza.
Giuliani ha lavorato anche all’ospedale Sacco di Milano
Dal 2001 al 2008 è stato all’ospedale “Luigi Sacco” direttore del laboratorio per la massima emergenza infettivologica. Dove, per intenderci, si cura l’ebola.
Costituita il 1° gennaio 2016, l’Asst Rhodense è afferente all’Ats della Città Metropolitana di Milano, comprende gli ospedali “Salvini” di Garbagnate Milanese, l’ospedale di Circolo di Rho, l’ospedale “Caduti Bollatesi” di Bollate e l’ospedale “Casati” di Passirana di Rho e copre i comuni di Arese, Baranzate, Bollate, Cesate, Garbagnate, Novate, Paderno Dugnano, Solaro, Cornaredo, Lainate, Pero, Pogliano milanese, Pregnana, Rho, Settimo Milanese, Vanzago e Corsico. Giuliani è pertanto il “virologo” del nostro territorio.
Dottor Giuliani, il Covid-19 e la Sars-CoV2 sono lo stesso virus?
“Sì. Con Covid-19 si è indicato il coronavirus responsabile dell’epidemia di malattie respiratorie febbrili iniziata a fine dicembre a Wuhan. Il 7 gennaio 2020, scienziati cinesi hanno isolato questo virus da pazienti con polmonite e ne hanno determinato la sequenza genomica resa successivamente disponibile per tutto il mondo scientifico il 12 gennaio 2020 dall’Oms. Sulla base dei sintomi della similarità dei sintomi indotti dal Covid-19 con quelli indotti da un altro coronavirus in grado di determinare una Sindrome Respiratoria Acuta Severa (SARS-CoV-1) assieme alla similarità della sequenza genetica di almeno il 70 per cento con Sars-CoV-1, il Covid-19 è stato ribattezzato Sars-CoV-2”.
Perché alcune persone sono suscettibili di ammalarsi una volta infettate dal virus e altre no?
“Nelle malattie infettive bisogna non tutti i soggetti che vengono contagiati da un microrganismo sviluppano la malattia. Per questo motivo, si scoprono i soggetti con infezione ma asintomatici. Vi sono poi i paucisintomatici, che sono soggetti con infezione che sviluppano pochi sintomi”.
I tempi della malattia per i non asintomatici
In quanto tempo si sviluppa la malattia dopo il contagio da Sars-CoV-2 in coloro che non sono asintomatici?
“Per comprendere questa risposta dobbiamo premettere un discorso sugli anticorpi. In tutti gli organismi quando si viene a contatto con un microorganismo, i primi anticorpi a svilupparsi sono quelle della classe IgM che sono pentameri, ossia riconoscono cinque siti di antigeni. E questa è la fase acuta dell’infezione. Dopo un po’ di tempo l’organismo produce gli IgG che sono in grado di mettere a fuoco lo specifico virus perché non sono più pentameri, ma hanno due siti di legame specifici per quel virus. Quando nel sangue IgM e IgG sono presenti insieme l’infezione è recente o in atto. Poi gli IgM calano e si riducono a zero e restano solo gli IgG per un certo periodo di tempo che può essere anche abbastanza lungo. In questo caso l’infezione è pregressa”.
“Questi andamenti della nascita delle IgM, dopo quanti giorni compaiono le IgG e per quanto tempo restano le IgM e per quanto tempo restano le IgG dipende dall’agente infettante. Per questa infezione si è osservato che in genere il sistema immunitario comincia a produrre anticorpo 6-7-8-9 giorni dal contagio. Subito compare l’IgM e subito dopo, contemporaneamente lo stesso giorno o il giorno dopo, anche le IgG. Quindi osservando in questo periodo i vari andamenti sierologici di produzione degli anticorpi nei soggetti riusciremo a capire la cinetica di produzione di questi anticorpi nelle persone contagiate da questo coronavirus. Ciò perché gli anticorpi ci dicono in maniera chiara se il soggetto è venuto a contatto con quel virus, ma non ci dicono se si è ammalato ed è contagioso”.
Come si procede quindi?
“Con il tampone nasofaringeo sul soggetto che ha sviluppato gli anticorpi contro l’rna del virus. Se nel materiale di provenienza respiratoria troviamo il virus, magari anche in una determinata carica, è ovvio che questi sono soggetti potenzialmente a rischio di trasmettere l’infezione”.
Studiare attentamente gli anticorpi
Perché è importante capire la cinetica di produzione degli anticorpi?
“Per capire le risposte anticorpali al virus di migliaia di persone. Le cinetiche di produzione anticorpali si conoscono con precisione dopo che un microorganismo noi lo abbiamo studiato sulla popolazione. Questo virus è nuovo e a oggi non abbiamo grandissimi dati. Sappiamo che IgM e IgG compaiono quasi contemporaneamente, ma non sappiamo per quanto tempo gli IgG restano nell’organismo”.
Si brancola nel buio contro l’invisibile…
“Fintanto che questo virus non lo conosceremo bene, ritengo che sia molto importante applicare il principio delle massime precauzioni. Il rischio biologico è invisibile. Se è già difficile per gli operatori sanitari tutti fronteggiare l’invisibile e in particolare l’invisibile e lo sconosciuto, i provi a immaginare per i cittadini comuni. C’è chi dice che il virus non esiste. Dire ciò significa creare e generare condizioni di non consapevolezza per i cittadini alla valutazione del rischio biologico e indurre epidemia in maniera colposa”.
Quali sono?
“Igiene delle mani, distanziamento sociale e mascherina”.
Non tutti però vi si attengono. Il problema è cosa fare? Li chiudi in casa? Per quanto tempo?
“Si è molto discusso da questo punto di vista. Però noi abbiamo visto davvero un cambiamento. Lo scenario iniziale in cui vi erano tanti soggetti infettati e gravemente malati è cambiato con il lockdown perché abbiamo creato delle pressioni selettive. Se con le analisi io trovo un soggetto asintomatico è ovvio che debba applicare il principio di precauzione anche se può non essere automatico che la sua carica virale sia infettante. Proviamo a immaginare una famiglia di quattro persone dove una si è ammalata e le altre tre si sono infettate. Cos’è successo all’interno degli organismi di quelle persone? Che il virus ha trovato una condizione di simbiosi, ossia il virus pur di replicarsi non ha provocato un’espressività clinica di malattia molto forte. I virus si adattano alle condizioni anche immunitarie che trovano nell’organismo”.
La Lombardia di fronte al Covid 19
Cosa è successo in Lombardia?
“In Lombardia si sono avuti tanti pazienti sintomatici. In quel periodo le cariche virali che giravano erano molto maggiori rispetto alle cariche virali che girano adesso in assenza o con una quantità di soggetti sintomatici molto inferiori rispetto agli asintomatici. Ciò perché i sintomatici in genere hanno una carica virale superiore o comunque il soggetto sintomatico crea delle condizioni come la tosse e gli starnuti che di per sé che permettono al virus di moltiplicarsi e di trasmettere. E quindi è presumibile che il rischio biologico sia più alto”.
Quanti microorganismi sono necessari per provocare un’infezione?
“Non sappiamo quanti microorganismi sono necessari a infettare un organismo. Questo è un virus che si trasmette, lo ha dimostrato in maniera molto chiara con il lockdown, con la circolazione delle persone”.
Cos’è l’immunità di gregge?
“Si ha quando i nostri sistemi immunitari reagiscono ed è come se ci vaccinassimo. Il virus circola, ha circolato ma in qualche modo ha creato una immunità di gregge che ha addomesticato il virus. Il virus sceglie di non essere aggressivo perché se muore il soggetto muore anche lui”.
Paradossalmente la Lombardia che ha registrato così tanti contagiati può diventare in realtà più forte rispetto ad altri territori?
“Certo che sì. Questo Sars-coV-2, è un virus molto simile al Sars-CoV1. Secondo me, se dovessi scommettere, anche se non vorrei scommettere, è molto probabile che questo virus come è venuto va via. Ma ciò non significa che poi non arrivi il Sars-CoV3”.
La ripresa dei contagi in Cina
Quello che sta succedendo in Cina?
“La Cina comincia a rivedere dei focolai che però in questo momento da un punto di vista clinico sono miti. Non abbiamo più quella gravità. Ma non bisogna sottovalutare nulla e abbiamo una grande capacità immediata di fare lockdown. Chi prima ha iniziato prima sta sperimentando l’eventuale reinfezione che è legata al fatto che a un certo momento dopo il lockdown molte di quelle famiglie che erano positive, magari asintomatiche, sono uscite fuori facendo comparire dei focolai. Io questo me lo aspetto anche qui in Italia. In questo caso deve essere attuato immediatamente l’isolamento domiciliare, vanno tracciati tutti i contatti e mantenuta l’elevata consapevolezza che non bisogna assolutamente abbassare la guardia.
Oltre a questo si aggiungono i paesi che sperimentano per la prima volta la circolazione del virus: in quelle popolazioni il ceppo virale si comporta in maniera aggressiva esattamente come ha fatto nei paesi in cui ha girato per la prima volta e che con le riaperture quel ceppo aggressivo mi ritorna con un volo in Italia. Penso che sia corretto e fondamentale fare questa valutazione del rischio biologico”.
Cosa dobbiamo fare in Lombardia?
“Osservare cosa succede all’interno della nostra popolazione lombarda della prima circolazione del virus. Essere iper attenti se dovessero verificarsi dei focolai. Ce li dobbiamo attendere, ma dobbiamo reagire immediatamente e secondo me in Regione Lombardia abbiamo questa capacità. In Lombardia e in italia c’è stato uno tsunami. Regione Lombardia insieme al governo ha adottato le misure sanitarie più rigide immaginabili che altri Paesi non hanno fatto. E stiamo vedendo negli Stati Uniti, in America Latina e in altri paesi dove non si è adottato il lockdown cosa sta succedendo. Sulle critiche a Regione e governo dico che con il senno di poi sono pieni i mari”.
Com’è la situazione nei nostri comuni?
“Io non ho i dati perché non lavoro nell’agenzia di tutela della salute. Tuttavia non abbiamo sicuramente la situazione del bresciano, del cremonese, del lodigiano o del bergamasco”.
Ombretta T. Rinieri
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