Abita a Garbagnate il Procuratore capo dell’Aia, l’associazione degli arbitri del calcio, arrestato per traffico internazionale di droga.
Alla fine della scorsa settimana una notizia di cronaca ha scosso il mondo del calcio: è stato condotto in carcere poiché coinvolto in un traffico internazionale di stupefacenti il Procuratore capo dell’Associazione Italiana Arbitri (Aia) Rosario D’Onofrio.
La vicenda ha dell’incredibile, poiché D’Onofrio era già agli arresti domiciliari, ma l’Associazione Arbitri non lo sapeva e così, mentre lui era agli arresti, lo aveva addirittura nominato a capo della sua Procura, praticamente il Pubblico ministero capo, ossia il capo dell’ufficio che indaga su eventuali irregolarità degli arbitri.
Che cosa c’entra tutta questa sconcertante vicenda con Garbagnate Milanese? C’entra eccome, perché D’Onofrio abita a Garbagnate e qui stava scontando gli arresti domiciliari quando è stato condotto in carcere nell’ambito di una maxi operazione della Guardia di Finanza attuata giovedì scorso. Abitava a Garbagnate in un condominio nella zona della Varesina, anche se sembra che non sia a Garbagnate la sua residenza ufficiale. La vicenda ha dell’assurdo perché questo personaggio, ex militare, era da un lato “giudice disciplinare” degli Arbitri e dall’altro lato componente di quella che secondo l’accusa era una grossa associazione a delinquere, che importava tonnellate di droga dalla Spagna per poi distribuir-le nel nord Italia.
Abita a Garbagnate il Procuratore Aia arrestato per spaccio internazionale: le indagini
E proprio D’Onofrio avrebbe avuto un ruolo rilevante in questa organizzazione. Il primo arresto era avvenuto nel maggio del 2020 quando, dopo il primo lockdown, fu sorpreso dalla Finanza (che già lo stava intercettando e controllando) con un carico di 40 chili di droga nascosti su un furgone preso a noleggio. Per quel reato fu condannato a due anni e 8 mesi, che stava scontando ai domiciliari.
Ma nel contempo le indagini della Finanza, coordinate dai pm Rosario Ferracane e Sara Ombra della Direzione distrettuale antimafia di Milano, sono andate avanti scoprendo che dietro a quel trasporto c’era ben altro, c’era un commercio internazionale, c’era un’associazione a delinquere e il ruolo del garbagnatese secondo l’accusa era tutt’altro che di secondo piano.
Due anni e mezzo di indagini hanno permesso a Pm e Finanzieri di costruire un quadro ben complesso, ricostruendo viaggi di droga per ben sei tonnellate dalla Spagna alla Lombardia, trasportati su camion e nascosti nei carichi di laminati, con D’Onofrio che per l’accusa avrebbe avuto un ruolo di distributore di diverse partite di droga, spostandosi anche durante il lockdown indossando una divisa militare mimetica e fingendosi un uomo delle forze dell’ordine; ma avrebbe avuto anche incarichi di riscuotere e far riciclare ingenti somme di denaro e avrebbe partecipato, sempre secondo l’accusa, al pestaggio di un corriere dell’organizzazione che avrebbe sottratto centomila euro a un altro affiliato.
Procuratore arrestato: l’Aia sapeva?
Insomma, un quadro criminale non da poco, ma la cosa sconcertante è che l’Aia nel frattempo lo ha nominato Procuratore capo e lui dai domiciliari otteneva permessi per recarsi alle riunioni a Roma. Cose che solo in Italia possono succedere. Non solo, perché il Comitato nazionale dell’Aia lo ha recentemente premiato assegnandogli il “Premio Concetto Lo Bello” in quanto “dirigente arbitrale nazionale particolarmente distintosi”.
Probabilmente l’Aia non avrà saputo nulla della condanna e dell’arresto, ma sembra follia che si chiedano i “Carichi pendenti” o il Casellario giudiziale a chi deve candidarsi al Consiglio comunale o a chi deve ospitare per le vacanze un bambino ucraino, ma non lo si chieda a chi deve essere nominato Procuratore.
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