Et voilà..la protesta è servita. Come ogni giorno hanno indossato la divisa e il cappello bianco ma invece dei fornelli ieri pomeriggio una trentina di chef lombardi hanno manifestato in un presidio davanti al Palazzo della Regione a Milano. La mobilitazione “Buttiamo i menù” organizzata dall’Unione Cuochi Regione Lombardia arriva in una settimana “calda” nel cronoprogramma del governo per la riapertura delle attività escluse dall’allentamento di fine aprile. Nelle zone gialle bar e ristoranti hanno riaperto al pubblico ma solo negli spazi esterni e con il limite del coprifuoco alle 22: “troppo poco” dicono i cuochi stellati che al presidente lombardo Attilio Fontana hanno presentato un protocollo per la ripartenza in sicurezza.
A guidare la delegazione a Palazzo Lombardia lo chef Alberto Luca Somaschini che a Saronno è il coordinatore didattico dell’Istituto Alberghiero del Collegio Arcivescovile Castelli: «Dall’Asia al resto d’Europa i ristoratori impegnati nella gestione dell’attività in sicurezza sono più avanti di noi. – lamenta – Nei locali non ci sono limiti tra l’interno e l’esterno così come nei ricevimenti per i matrimoni perché se si sta seduti e distanziati l’evento non è di per sé rischioso per i contagi. Alla Regione abbiamo chiesto di applicare il protocollo per la ristorazione professionale protetta e un elenco di dieci buone pratiche per garantire agli ospiti la massima sicurezza».
Cuochi Lombardi: “Il 30% ha abbandonato la professione”
Sulle prospettive future per la ripresa della ristorazione gourmet nei territori di provincia lontani dai maggiori centri turistici Somaschini aggiunge: «La necessità è di valorizzare l’elemento dell’esperienza che il cliente vive. Nel locale c’è la convivialità, il servizio ma c’è anche il prodotto tipico come il vino particolare o il cibo meno conosciuto. In un territorio come Saronno esperienze gastronomiche di qualità sono possibili ovunque anche nei centri per la grande distribuzione, l’importante è garantire la qualità dei cuochi professionisti». Per il momento l’aria che si respira nelle cucine è tutt’altro che invitante: gli chef lombardi denunciano la crisi nei territori costretti a chiudersi ai turisti.
Dei 10mila cuochi operativi in Lombardia il 30% ha già dovuto abbandonare la professione ma a tremare è tutta la filiera. «Il settore dell’accoglienza, che sia ristorazione, catering o hotellerie non è fine a se stesso. – denuncia Riccardo Carnevali, chef di Dietroalcibo lab a Pavia – La filiera interessa un grande indotto, dai fornitori di materie prime agli artigiani, dai produttori di attrezzature alle lavanderie. Ricominciare a lavorare non è quindi di solo aiuto al nostro settore ma a buona parte dell’economia ferma ormai da troppo». Gli chef lombardi aspettano le prossime mosse del governo ma le “toque bianche” sono in agitazione in tutta Italia: c’è chi come Gianfranco Vissani il mese scorso ha aderito al “pranzo di protesta” allestito dai ristoratori umbri sotto l’abitazione del presidente del Consiglio Draghi a Città della Pieve, una protesta per tutti i palati.
Claudio Agrelli
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