Giorgio Fontana, qual è il suo legame con Saronno e Caronno Pertusella?
«A Saronno sono solo nato, sono cresciuto a Caronno e da anni risiedo a Milano. A Caronno vivono ancora i miei genitori e il mio migliore amico e quindi torno a trovarli, ho ancora un certo legame con quei luoghi».
«Nasce dall’idea di raccontare la storia di una famiglia, i Sartori ma il romanzo contiene al suo interno tante piccole storie che svelano le contraddizioni e i mutamenti che si sono succeduti nei vari decenni in un pezzo d’Italia».
“Prima di noi” racconta la storia di quattro generazioni che si succedono in Italia dall’inizio del secolo scorso fino al 2012. Qual è il ‘filo rosso’ che li collega?
«Tutto comincia con una sorta di doppia diserzione da parte del capostipite, Maurizio Sartori che diserta dall’esercito e poi abbandona la figlia del malgaro che l’ha accolta. La mia idea era di partire dal peccato originale e raccontare i modi con cui tutte le generazioni successive cercano di redimersi, di fare i conti con una colpa atavica. La famiglia Sartori segue i grandi eventi della storia locale e nazionale del Novecento: si parte dalla dimensione contadina nel Friuli della Prima Guerra mondiale, poi l’emigrazione a Sesto San Giovanni, nel saronnese e infine a Milano dove fanno esperienza del mondo moderno negli anni del miracolo economico».
Com’è stato vincere il Premio Bagutta 2021 senza la tradizionale atmosfera conviviale in un periodo in cui molte librerie erano chiuse causa Covid?
«È stato molto bello. Nella storica trattoria Bagutta (chiusa nel 2016 ndr) non c’ero mai stato quindi non posso fare paragoni. Il premio però ha una tradizione fenomenale essendo il premio più antico d’Italia. E poi è un premio milanese, Milano è la protagonista di molti miei romanzi, anche di quest’ultimo».
Milano è presente in «Prima di noi» fin dagli anni Cinquanta con l’arrivo dei suoi protagonisti, i Sartori, dal Friuli alla Lombardia. Pensa che ci sia un parallelismo con l’oggi?
«No, non ci vedo un parallelismo. Sono molto cauto quando si disegnano parallelismi tra periodi storici. Nel libro si racconta il periodo di uscita dalla guerra. Senza nulla togliere alla tragicità della pandemia, la città, la ricostruzione e il clima del dopoguerra sono molto diversi da quello che stiamo vivendo oggi».
Uno scrittore che ha preferito rimanere anonimo ha detto che “in realtà il Bagutta non conta più nulla, né come vendite, né come prestigio”. Come risponde?
«Mi sembra un’affermazione gratuita. Per quanto riguarda le vendite non saprei avendo appena vinto il premio ma non è quello l’importante. Mi sembra un premio prestigioso, basta sfogliare l’albo d’oro per vedere quali scrittori e opere sono state premiate».
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