
Auto con madre e figli nel Villoresi, nessun risarcimento per la tragedia che ha distrutto la vita di una famiglia di Limbiate. In tanti ricorderanno l’incidente che nell’agosto del 2009 sconvolse Limbiate. Un’auto era finita all’interno del canale Villoresi, in piena, alla guida c’era Patrizia, con i due figli Chantal ed Anthony. Mamma e figlia furono estratte subito, ma più complesso fu il recupero del piccolo Anthony che rimase sotto l’acqua per 21 minuti fino ad andare in ipossia cerebrale. Solo grazie all’intervento di un cittadino che si tuffò nel canale riuscì a sopravvivere, con lesioni permanenti pari al 100% di invalidità.
A distanza di 12 anni li abbiamo incontrati ed è stato il padre, Michele Fratini, a fare con noi il punto della situazione. La famiglia aveva fatto causa al Consorzio di Bonifica est Ticino Villoresi ed al Comune di Limbiate, che ha chiamato in causa Amissima Assicurazioni spa perché l’auto, a loro avviso, era finita all’interno del corso d’acqua che costeggia la strada a causa di una insufficiente e inadeguata protezione degli argini e della pericolosità della strada. “Sono nato e cresciuto in via Marconi, quando avevo 5 anni ho visto la prima persona finire all’interno del canale- racconta Michele Fratini- e il mancato posizionamento di un guardrail che non permetta ad un’auto di entrarci, l’ho sempre considerato la causa della vicenda che ha stravolto la mia famiglia”. “Quel giorno non doveva andare così. Ci stavamo preparando per partire per le vacanze, poi sono stato chiamato dal mio capo, mi sono assentato e mia moglie non vedendomi arrivare è andata da suo nonno- continua Fratini-. Doveva lasciare i bambini dai miei, ma per una coincidenza alla fine li ha portati con se. Quando sono arrivato sul luogo dell’incidente non potevo crederci, sono andato in elicottero con mio figlio in ospedale, mentre il soccorritore continuava a praticargli il massaggio cardiaco per salvarlo. Interminabili i momenti di ansia prima di vederlo respirare”.
Oggi via Marconi sta cambiando look ed è questo che ha portato Michele Fratini a contattarci. “Tutti e tre i gradi di giudizio ci hanno dato torto -racconta- la responsabilità di questa disgrazia viene attribuita solo a mia moglie, che avrebbe posto in essere una condotta di guida “aberrante ed inopinata” senza tuttavia essere stata nemmeno multata per eccesso di velocità dalle forze dell’ordine, io sono convinto però che si poteva evitare mettendo in sicurezza l’argine del canale, apponendo un guardrail o, quantomeno, riducendo i limiti di velocità a 30 Km/h”. E questo è quello che ha affermato anche il Tribunale, secondo cui “l’esito del fatale incidente .. con ogni probabilità avrebbe potuto essere evitato dalla presenza di un guardrail a ridosso del canale”. “Vedo che oggi si stanno facendo dei lavori importanti per riqualificare la zona e mi chiedo perché, dato che secondo gli inquirenti non c’era pericolosità- insiste Fratini-.
Oggi a Limbiate vengono rialzati gli argini del Villoresi e posizionati dossi su via Marconi
Diversi Ctu, consulenti tecnici d’ufficio, nelle loro relazioni avevano invece riferito di un tratto pericoloso e la decisione dei giudici ci ha stupito”. “Dagli esami condotti dai tecnici è emerso che in funzione della conformazione dei luoghi per un’autovettura in movimento sarebbe sufficiente una velocità di 30 Km/h per riuscire a superare l’argine e concludere la propria marcia all’interno del canale. E con una velocità di 35 Km/h si rischia di finire ribaltati nel canale Villoresi, a testa in giù. Ma se il limite di velocità imposto dal Comune di Limbiate è di 50 Km/h significa che un conducente che percorre quel tratto di strada rettilineo e privo di guardrail nel pieno rispetto dei limiti di velocità e dovesse mai perdere il controllo del veicolo per cause indipendenti dalla propria volontà, con il terrapieno obliquo a fare da trampolino, finirebbe la sua corsa ribaltato nel canale” – si legge nelle argomentazioni dell’avvocato Lelio De Zan che ha difeso la famiglia in Cassazione.
Questo però, non ha portato i giudici a dare ragione alla famiglia, con il conseguente risarcimento sperato che ora si trova in grave difficoltà economiche perché è stata anche chiamata a risarcire le spese legali dei primi due gradi di giudizio. “Io non ho un lavoro stabile, l’ho perso quando è successa la tragedia seguendo la mia famiglia in ospedale da vicino. Mio figlio deve avere qualcuno con sé 24 ore su 24 e i supporti sono pochi e insufficienti” -dice Michele. Una famiglia distrutta da quel terribile pomeriggio, “una tragedia che si poteva evitare e mi chiedo perché solo ora si è scelto di alzare gli argini e di mettere ben tre dossi in via Marconi. Forse se queste disposizioni ci fossero state prima il mio Anthony non sarebbe in questa situazione. Mi piacerebbe chiedere giustizia per lui. Il risarcimento che chiedevamo era pensato proprio per riuscire a dargli tutte le opportunità che merita” -conclude il papà.
Daniela Salerno
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