Hikikomori, letteralmente “stare in disparte, isolarsi”, deriva dalle parole hiku “tirare” e komoru “ritirarsi” ed è un termine giapponese usato per riferirsi a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento.
Uno stile di vita, adottato soprattutto da adolescenti e giovani e che spesso sfocia nel patologico, che se fino a pochi anni fa era diffuso principalmente in Giappone, oggi è sempre più diffuso anche in Italia.
Gli adolescenti, è ben noto, hanno sempre avuto la tendenza a isolarsi, soprattutto dalla famiglia. Se fino ai 10 anni erano “sempre tra i piedi”, dagli 11, 12 anni in poi passano molto tempo nella loro stanza e a malapena riuscirete a strappare loro una conversazione degna di questo nome.
Questi atteggiamenti, così come quelli di “ribellione” alle regole familiari sono ormai ritenuti normali (naturalmente entro un certo limite) e parte integrante del percorso di crescita dei più giovani, che devono “staccarsi” dalla famiglia per sviluppare la propria identità e personalità e divenire a loro volta adulti.

Il fenomeno degli Hikikomori è invece molto diverso. Si parla di giovani e giovanissimi che spesso hanno abbandonato la scuola, che non lavorano e nemmeno cercano un lavoro e trascorrono tutte le giornate chiusi in casa, spesso dormendo durante il giorno e guardando la Tv, navigando in Internet o giocando al pc, durante la notte. Un isolamento quasi totale, tenendo conto che questi giovani spesso evitano anche le chat e tutti i contatti, anche virtuali, con il mondo esterno. La scuola, se la frequentano, è vista e vissuta con paura, indipendentemente dal rendimento.
I primi casi italiani sono stati diagnosticati già nel 2007, e da allora il fenomeno ha continuato a crescere e, seppure con numeri diversi da quelli giapponesi, a diffondersi.
Ad oggi non si sa con precisione quanti giovani soffrano di questa “sindrome da isolamento”, ma si stima che, se in Giappone si arriva a un milione di casi, in Italia gli Hikikomori siano almeno 20-30 mila, mentre in Francia si sarebbe già arrivati alla soglia degli 80 mila.
Le cause di questa patologia sono molteplici: la forte pressione sociale e famigliare all’auto realizzazione e al perfezionismo quasi esasperato, la paura della competizione con i compagni, la paura del confronto con l’altro sesso, il timore provato verso un futuro, lavorativo e famigliare, sempre più incerto e precario.
La diffusione di Internet ha sicuramente accentuato questo fenomeno, ma, secondo gli studiosi, i casi di isolamento volontario sono sempre esistiti, un po’ come è sempre esistita l’anoressia, anche nel 1800, quando non c’erano certamente modelle filiformi e i canoni di bellezza femminile erano decisamente diversi da quelli odierni.
Insomma, si tratta di una vera patologia, che ha molti punti in comune con la depressione vera e propria, ma anche caratteristiche esclusive.
Se temete che i vostri ragazzi siano Hikikomori non perdete tempo e rivolgetevi a uno specialista. Perché purtroppo sono proprio i ragazzi che rischiano di perdere tempo, anni preziosi e fondamentali per la loro formazione, non solo quella scolastica e lavorativa, ma soprattutto quella personale, affettiva e sociale, in un’età che dovrebbe essere quella della sperimentazione, del confronto col prossimo e della costruzione della propria vita. Per approfondire il tema potete consultare il sito dell’associazione Hikikomori Italia qui
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