L’Asst Rhodense ha attivato una equipe medica ad hoc per affrontare il problema dello scompenso cardiaco.
Ne fanno parte gli specialisti Roberta Turconi, Eugenio Canevelli e Simonetta Dassi, coordinati da Sergio Berra, che prestano servizio ambulatoriale a Garbagnate e Bollate, ed una equipe a Rho in Medicina con Renata Magatelli e Maria Rosa Beschi.
Loro si occupano della presa in carico dei pazienti cronici, controlli a breve termine, monitoraggi e follow-up specialistici, ottimizzazione della terapia farmacologia, gestione del Day Hospital per le fasi di iniziale scompenso, l’attivazione di un servizio di Telemedicina con una intervista settimanale strutturata del paziente o del suo caregiver (se possibile accompagnato dell’invio della traccia ECG) oltre all’organizzazione di un percorso di empowerment del nucleo-domiciliare (inteso come paziente e caregivers,) come base fondante della continuità assistenziale.
Lo scompenso cardiaco costituisce una delle patologie croniche a più alto impatto sulla sopravvivenza e qualità della vita dei pazienti oltre ad essere la principale causa di ricovero nei reparti di Medicina in tutto il mondo. A soffrirne sono soprattutto gli anziani, portatori di altre patologie croniche e invalidanti, con un elevato grado di fragilità, bisognosi di un approccio diagnostico – terapeutico multidisciplinare e profondamente integrato. L’empowerment è quel processo attraverso il quale le persone acquisiscono consapevolezza per migliorare la qualità della propria vita. In sanità si traduce in gruppi omogenei di specialisti che lavorano sinergicamente in virtù del benessere del paziente.
Lo scompenso cardiaco è determinato in genere da una patologia cardiaca che raramente trova nell’ambito dell’ospedalizzazione una risoluzione definitiva (chirurgica o interventistica); tendenzialmente il paziente dimesso dopo il miglioramento indotto da una terapia medica efficace è destinato a subire un nuovo ricovero entro il primo anno nel 50% dei casi a causa dell’instabilità intrinseca nella malattia stessa.
Da anni la ricerca ha evidenziato che l’incentivazione del ruolo attivo del malato nella gestione della propria malattia apporti una ricaduta positiva sulla prognosi. La terapia dello scompenso cardiaco deve quindi dotarsi di strumenti che inneschino un processo di empowerment del paziente affinché possa compiere delle scelte che migliorino il proprio stato di salute, a beneficio delle prospettive di vita, incrementando il livello di conoscenza e di consapevolezza che il paziente stesso possiede della propria malattia, dei fattori che incidono in modo positivo o negativo sulla stessa e delle azioni e comportamenti che è opportuno introdurre o limitare, in una logica di prevenzione secondaria.
Al paziente pertanto è richiesto di avere un livello di informazione e conoscenze adeguate per essere un partner attivo rispetto alla propria cura.
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