Oggigiorno è possibile viaggiare all’estero anche spendendo pochi soldi: confrontarsi con altre popolazioni è sempre un’esperienza di vita importante, poiché ci mette a contatto con culture, mentalità e abitudini diverse dalle nostre, facendoci capire che forse non tutto quello che facciamo noi Italiani è fatto nel modo giusto.
Un ragionamento questo che vale per tutti i campi, tranne uno: il cibo.
Sì, perché la cultura del cibo che abbiamo noi Italiani non ce l’ha davvero nessun altro popolo al mondo e, andando all’estero, si scopre come in tanti cerchino di copiarcela (rubarcela) anche maldestramente.
Giorni fa viaggiavo in centro Europa e in un bar vedo esposta una bella bottiglia con scritto “Amaretto”, del tutto simile per etichetta e forma a quelle dell’ “Amaretto di Saronno”.
In un impeto di nostalgia di casa, ne chiedo un bicchierino, lo sorseggio e colgo un fantastico sapore di colla, anche di bassa qualità. No, non è proprio Amaretto di Saronno, è una schifezza.
Chiedo di poter vedere la bottiglia e scopro che davanti ha l’etichetta scritta in Italiano, con tanto di stemma, pergamena e parola “Originale”, proprio come l’Amaretto della Illva, ma leggermente diversi nella grafica; dietro è scritta in tedesco e slovacco, è un amaretto prodotto in Germania che secondo me di “originale” non ha davvero nulla.
Una copiatura, se non quasi un furto, come purtroppo ce ne sono tanti altri.
E poi dicono che i furbi e i disonesti siamo noi Italiani.
Piero Uboldi
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