“Basta Dad al 100%, ora le superiori potranno tornare in presenza!”. Esultano gli studenti del comitato ‘A Scuola’ dopo che il Tar – il tribunale amministrativo regionale – della Lombardia ha dato parere favorevole al ricorso presentato contro l’Ordinanza firmata dal presidente della Regione, Attilio Fontana, che aveva prolungato la didattica a distanza per le tutte le scuole di secondo grado fino al 25 gennaio.
Nel ricorso presentato lunedì scorso dal comitato si legge che «l’ordinanza non è sufficientemente motivata: afferma per esempio di voler evitare assembramenti quando nelle zone arancioni, condizione in cui attualmente si trova la Lombardia, sono aperti i negozi e c’è libertà di circolazione, ovviamente anche per i ragazzi. L’ordinanza, inoltre, ignora il lavoro dei tavoli prefettizi che avevano elaborato un piano per lo scaglionamento degli orari della città e la ripresa della didattica in presenza e non considera altre possibilità esistenti in relazione alle scuole, come l’introduzione dei cosiddetti ‘tamponi rapidi’ (ritenuti idonei anche secondo la circolare del Ministero della Salute doc. 6) e l’incremento del contact tracing, misure che potrebbero essere non difficilmente implementate».
La protesta degli studenti in Lombardia contro la Dad
Da giorni gli studenti delle superiori, con l’appoggio di quale docente e dei genitori, si mobilitano contro il prolungamento della didattica a distanza: lunedì in un presidio davanti a Palazzo Lombardia così come lo hanno ripetuto ieri alcuni alunni del liceo Manzoni di Milano durante l’occupazione dell’istituto. Ludovico Di Muzio – coordinatore regionale degli Unione degli Studenti Lombardia – racconta a “Il Notiziario” l’importanza di far ripartire l’anno scolastico in presenza ma in sicurezza garantendo tra l’altro la mobilità di migliaia di studenti che si spostano sui mezzi pubblici da o per le scuole di provincia.
Ludovico, lunedì avete manifestato davanti a Palazzo Lombardia mentre proseguono le occupazioni nei licei. Cosa non funziona nella ‘Dad’?
Alla scuola superiore va data una nuova priorità. Se all’inizio della pandemia la didattica a distanza era vista come una misura emergenziale, oggi stiamo esterrefatti da quanto le istituzioni non abbiano fatto abbastanza per garantirci un rientro a scuola in sicurezza. Molte famiglie non vedendo progressi sul fronte sicurezza hanno paura far rientrare i figli in classe.
Cosa occorre per mettere la scuola in sicurezza?
A differenza di elementari e medie gli studenti delle superiori si spostano di più, in Lombardia in particolare c’è molto pendolarismo. Occorre dunque aumentare i mezzi pubblici: gli studenti che dalla provincia rischiavano di salire su treni strapieni adesso dovrebbero potersi recare a scuola senza dover contagiare o essere contagiati. Sicurezza è anche ripensare la scuola in sé: non basta solo dire a studenti e docenti che devono indossare la mascherina o igienizzarsi le mani ma occorre fare di più sui tamponi regolari, sui presìdi medici nelle scuole e sul tracciamento con l’installazione di termoscanner agli ingressi degli istituti.
Un altro motivo di agitazione riguarda i fondi per il diritto allo studio. Perché?
Nella legge di bilancio regionale di quest’anno sono stati tagliati 3,5 milioni di euro sul diritto allo studio che vuol dire non intercettare tutti quegli studenti che subiscono l’abbandono scolastico. Questo fenomeno è in grave aumento, circa 34 mila coetanei rischiano di lasciare gli studi a causa di difficoltà economiche. La Regione taglia sul diritto allo studio ma trasferisce il 60% delle risorse alle scuole paritarie.
Avete in programma altre iniziative?
Come Unione degli Studenti abbiamo avuto un incontro in commissione istruzione l’11 dicembre scorso portando le nostre richieste. E però non solo ci siamo sentiti ignorati per l’assenza di risposte concrete ma da parte di alcuni consiglieri regionali abbiamo ricevuto insulti anche per il look di alcuni studenti che hanno partecipato all’audizione. Abbiamo tentato diverse volte un confronto con la Regione purtroppo di fronte a noi c’è un muro. Non escludiamo di scendere ancora in piazza di qui alla riapertura che potrebbe slittare ancora in caso in cui la Lombardia tornasse in ‘zona rossa’.
Claudio Agrelli
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