Prima l’accordo per affittare due spazi comunali a Origgio dove installare torri per i ripetitori di tre società di telefonia, poi il mancato rispetto del contratto perché il canone di 25mila euro all’anno non sarebbe dovuto: quello è suolo demaniale e tutt’al più si dovrebbe versare una cifra irrisoria per il diritto di superficie e ora il caso giunge in Cassazione.
Telefonia a Origgio, ricorso in Cassazione
E’ l’incredibile vicenda che da anni tiene banco a Origgio, tornata prepotentemente d’attualità perché le aziende di telefonia mobile hanno presentato nei giorni scorsi ricorso in Cassazione contro la sentenza d’appello a favore dell’amministrazione comunale, che segue il primo verdetto favorevole.
Le aree in questione si trovano nelle zone industriali est e ovest: per la precisione in via Saronnino e in via Grandi, dove sei anni fa le società telefoniche chiesero di poter installare delle torri per le antenne del segnale telefonico e del wi-fi. Peccato che, sottoscritto il contratto, non abbiano più pagato il canone.
Caso telefonia, lo sconcerto del sindaco di Origgio
“Si sono appellate a una sentenza del Tar del Piemonte, secondo cui il Comune non può affittare aree di sua proprietà perché sono da considerarsi di demanio pubblico, per cui può riscuotere solo il diritto di superficie – spiega il sindaco Evasio Regnicoli – Per noi quella sentenza non fa affatto giurisprudenza, perché il Comune ha la proprietà reale delle aree, dunque è giusto che si versi un canone d’affitto. Abbiamo quindi nominato dei legali per difenderci in sede giudiziaria, vincendo in primo e in secondo grado: anzi, le aziende che hanno perso la causa hanno dovuto pure pagare le spese processuali”.
Il primo cittadino è sconcertato per come vanno le cose in Italia: se le società avessero ragione, verrebbero messi in discussione tutti i contratti d’affitto di aree pubbliche alle aziende telefoniche che installano ripetitori. Sarebbe, insomma, un precedente di non poco conto, destinato a fare scuola.
Fondi a bilancio ma congelati dalla sentenza
Fatto sta che, dopo il verdetto di secondo grado, è stata necessaria un’ingiunzione della municipalità – una volta resa esecutiva la sentenza – per farsi versare il canone d’affitto di sei anni, per un totale di 150mila euro. Sì, perché per tutto questo tempo non era stato pagato nulla. I fondi sono stati dunque inseriti in bilancio, “ma non possiamo spenderli perché vincolati alla prossima sentenza della Cassazione, cui si sono appellate le aziende – rende noto il sindaco – Le società non si sono affatto rassegnate, giocando l’ultima carta”.
E’ ottimista? “Con la giustizia italiana non si può mai sapere… – risponde scaramantico – Un fatto è certo: dobbiamo continuare a spendere soldi pubblici per pagarci gli avvocati in relazione a un contratto firmato e contro firmato, non rispettato dalla controparte. Tutto ciò è inaccettabile: è stato commesso un danno nei confronti del Comune ed è giusto che l’amministrazione faccia quanto in suo potere per difendersi fino all’ultimo grado di giudizio”.
Redazione web
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