
Ci siamo, il nuovo anno è finalmente iniziato. Lo attendevamo tutti, convinti che il 2020, anno bisestile, sia stato foriero di tantissime disgrazie. In effetti è stato così, ma purtroppo l’inizio del nuovo anno è solo una convenzione, non è come cambiare le scarpe quando ci fanno male i piedi. Per migliorare la situazione sul fronte della pandemia, dunque, non basta scrivere “2021” anziché “2020”, occorre metterci ancora tanto impegno.

Perchè le sfide sono molte e difficili: sono arrivati i primi vaccini, ma le vaccinazioni in Italia non viaggiano ancora al ritmo che tutti vorremmo; abbiamo passato il Natale senza un’esplosione di contagi, ma un certo aumento si sta notando: adesso riaprono le scuole superiori, si riaffollano i mezzi pubblici e il pericolo della terza ondata si fa concreto; c’è da presentare alla Ue il piano del Recovery fund e questo spaventa, perché è il piano che può salvare l’Italia da una grave crisi, ma la politica non fa altro che litigare su quel piano e il timore è che alla fine si arrivi a squallidi compromessi anziché a scelte forti per rilanciare il Paese.
Insomma, il 2021 si è aperto con la speranza di tutti che sia un anno migliore, ma le premesse non sono del tutto buone: “Andrà tutto bene”, scrivevamo a marzo sugli arcobaleni, e poi l’Italia è stata il Paese con più morti per Covid al mondo rispetto al numero di abitanti. Non è andato bene nulla. Nel 2021, anziché sparare frasi ad effetto, rimbocchiamoci le maniche e impegniamoci di più.
Piero Uboldi
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