Oggi è il momento dell’impegno, della calma e della solidarietà di fronte all’assalto del Coronavirus, perché l’emergenza si sta facendo drammatica. Non è il momento di fare polemiche. Tuttavia qualche domanda è necessario segnarsela, perché un domani noi lombardi qualche spiegazione dovremo averla.
Perché si è agito con tanta confusione? Perché le drastiche misure scattate domenica e ieri sono partite solo quando c’erano già migliaia di casi e centinaia di morti, mentre in altre regioni sono state attuate identiche misure subito, quando il virus cominciava appena ad affacciarsi?
Dovevano sapere che non era “come una normale influenza solo un po’ più aggressiva”, bensì un virus che causa una grave forma di polmonite: perchè non ce l’hanno detto? Forse per non diffondere il panico? E’ come se in un bosco ci trovassimo di fronte a un orso e ci mettessimo a fischiettare per non spaventare i nostri figli, anziché farli fuggire.
E così abbiamo visto i bar prima chiusi alle 18, poi riaperti col servizio ai tavoli, poi di nuovo chiusi alle 18, ora chiusi del tutto. I ristoranti prima aperti, poi chiusi alle 18, ora chiusi del tutto. I municipi prima tutti blindati, poi, a caso, alcuni chiusi, altri aperti su appuntamento… I musei chiusi, poi riaperti, poi richiusi. I centri commerciali prima chiusi nei weekend, poi riaperti, poi richiusi…
Ma come è stata gestita questa emergenza? Eppure perfino noi, noi “ignoranti” del Notiziario, il 28 febbraio in prima pagina scrivevamo che, se il virus si fosse diffuso, si sarebbero ammalati in molti, sarebbero finiti i posti nelle terapie intensive e sarebbe stato un disastro. Era il 28 febbraio, andate a leggerlo! C’era tempo per agire bene, invece si sono succeduti decreti caotici, passi in avanti e passi indietro: un disastro. E a pagarne le conseguenze ora siamo noi lombardi.
Piero Uboldi
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