I comuni della provincia di Milano sono in difficoltà sul versante migranti. Due settimane fa abbiamo scritto che il prefetto di Milano ha chiesto la loro collaborazione annunciando l’invio di 2,5 richiedenti asilo ogni mille abitanti: se i sindaci avessero accettato di collaborare nel ricevere quei migranti, ne avrebbe mandati meno.
Qualcuno ha parlato di ricatto, molti sindaci hanno cercato di capire, di collaborare, ma è notizia di questi giorni che, nella nostra zona, diversi sindaci hanno firmato una lettera in cui dicono al prefetto che collaborare a quelle condizioni è impossibile (come potete leggere a pagina 52). Cosa succederà ora? Il prefetto manterrà la “minaccia” di mandarci lo stesso i migranti?
La cosa ridicola di tutta questa vicenda è che il prefetto parla di “emergenza”. Ma quale emergenza? E’ dal 2011 (ossia da quando Francia e Regno Unito hanno avuto la malaugurata idea di invadere la Libia) che ci troviamo a fare i conti con questa situazione: in 6 anni si è stati capaci solo di migliorare i (doverosi) salvataggi in mare, ma non si è stati capaci di organizzare nulla per far rispettare la legge italiana. Roma in 6 anni non ha saputo organizzare il rimpatrio di chi (molti) non ha diritto di asilo, il governo francese, che ha fatto esplodere il problema, ha chiuso la frontiera di Ventimiglia, quello inglese addirittura scappa dall’Unione Europea e dunque dai suoi obblighi.
E il prefetto con chi se la prende? Con l’anello debole, ossia i comuni. Eh no, caro prefetto e caro governo, è troppo facile lavarsene le mani così.
Piero Uboldi
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