I giornalisti ultimamente non godono di una gran bella fama: un tempo erano considerati paladini della Giustizia, protagonisti di inchieste scottanti e in qualche caso veri e propri eroi, oggi la figura del giornalista è spesso paragonata a quella dell’avvoltoio che si getta sulla notizia per ottenere più click possibili.
Io però credo che ci siano almeno due tipi di giornalisti: i cacciatori e i contadini. Voi subito penserete che i migliori sono i cacciatori, perché vanno a caccia delle notizie e, appena le trovano, vi si fiondano sopra per “spararle”, proprio come un cacciatore spara a una preda.
Forse avete ragione voi, ma io non appartengo alla categoria dei cacciatori, io mi sento senza dubbio un contadino. Ma un contadino nel vero senso della parola. Sì, perché il contadino che cosa fa? Semina, innaffia, cura le sue colture e solo alla fine di un duro e sapiente lavoro raccoglie i frutti. Nel lavoro di un giornalista seminare vuol dire conoscere tante persone, innaffiare vuol dire far crescere i rapporti personali e la stima reciproca, poi, quando capita la notizia, ecco che la persona si fida di noi, ci contatta e ce la racconta: questo è il frutto che si raccoglie. Che sia una notizia di cronaca o un’indiscrezione politica.
Il contadino non abbandona mai le sue colture, le ha tutte a cuore, ed è un po’ quello che provo anch’io verso le tante persone che conosco. Amo questo lavoro perché amo i rapporti umani.
Piero Uboldi
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