L’altro giorno, camminando lungo un corridoio di un edificio pubblico della nostra zona, ho sentito casualmente una donna dire a una collega: “Su, coraggio! Comunque, anche se lui non c’è più, resta sempre vicino a voi…”.
Evidentemente stava parlando di una persona defunta, di un morto. In quell’attimo fuggente ho pensato: “Sta cercando di consolarla…
D’altra parte, cosa vuoi dire in queste situazioni?
Si devono dire queste frasi di circostanza…”. Poi però, scendendo le scale, ho riflettuto su quanto io sia ignorante e limitato.
Ma chi l’ha detto che quelle erano solo frasi di circostanza? Cosa ne sappiamo noi di che cosa c’è dopo la morte?
Noi esseri umani siamo civilizzati solo da 4-5mila anni, ma il nostro universo esiste da miliardi di anni, noi siamo una nullità al confronto.
Come possiamo pretendere noi esseri umani di sapere tutto?
Rispetto all’immensità dell’universo, la Terra è grande meno di un granello di sabbia; noi non abbiamo la più pallida idea di quante conoscenze e di quante dimensioni oggi ci sfuggano, di quante stelle ci siano nell’universo, di quanti universi esistano e di che cosa ci sia al di là degli universi.
Noi non lo sappiamo.
E non sappiamo neppure che cosa ci sia dopo la morte. Possiamo avere Fede, certo, ma chi non ha Fede cosa ne sa?
Se qualcuno ci dice che dopo la morte la persona cara resta vicina a noi, in un’altra dimensione, come anima o come forma di energia, chi può dire che non sia vero e che siano solo parole di circostanza?
Piero Uboldi
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