Lunedì scorso il meteo prevedeva pioggia e io speravo che venisse giù tanta acqua che riempisse non solo laghi e fiumi, ma soprattutto pozzanghere e prati. Ha piovuto, certo, ma non abbastanza da liberarmi da quello che giorno dopo giorno si sta rivelando un incubo: dar da bere alle api. Sì, avete letto bene. C’è gente di buon cuore che si occupa dei cani nei canili, dei gatti nelle colonie feline, che dà i semi agli uccellini…
Mia moglie si preoccupa di dissetare le api. E non perché lei abbia delle arnie per raccogliere il miele, certo che no. Lei ha scoperto che le api a causa della siccità faticano a trovare luoghi dove abbeverarsi, perché dovete sapere (io non lo sapevo) che le api non sanno nuotare e non sanno neppure posarsi su uno specchio d’acqua. Per dissetarle bisogna inserire in un piatto pieno d’acqua dei sassi che restino in parte all’asciutto: le api si posano sul sasso e da lì, con una proboscide che sembra un’idrovora, bevono. E non avete idea di quanto bevano!
Così ora l’orticello di mia moglie è pieno di piatti coi sassi, ma soprattutto è strapieno di api che ci ronzano attorno felici. Il problema è che ogni giorno bisogna rimettere l’acqua e, se la moglie è impegnata, chi deve farlo infilandosi nel nugolo di api? Io, ovviamente. Se ci tenete al direttore del Notiziario e alla sua incolumità, dite anche voi una preghiera perché la pioggia torni a cadere in abbondanza.
Piero Uboldi
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