Salvatore Girone, il marò italiano che da 4 anni e 3 mesi è costretto a restare in India, potrà finalmente tornare a casa in Italia e attendere lì l'esito del processo a suo carico. La notizia attesa da anni è arrivata ieri nella prima mattinata: la Corte Suprema indiana ha accettato di rispettare le regole internazionali e il pronunciamento della Corte internazionale dell'Aja. Una bella notizia, finalmente, dopo tante manifestazioni, tanta solidarietà e tanta diplomazia.
Adesso la lentissima Giustizia indiana può portare avanti il processo per cercare di chiarire se davvero siano stati i due marò italiani a uccidere i due pescatori indiani, scambiandoli per pirati, e fino a che punto siano responsabili di tale errore.
Resta però un rammarico: ricordo bene che, all'inizio di questa complessa vicenda, qualche esperto avanzò subito l'idea di un arbitrato internazionale per chiarire le competenze, ma i governanti e i diplomatici di allora risposero che ci voleva troppo tempo per l'arbitrato, così seguirono altre strade, che portarono a impantanarsi in una palude immensa. Solo dopo tre anni e quattro mesi, il 26 giugno 2015, l'Italia ha avviato l'arbitrato internazionale, imboccando la strada giusta che oggi riporta Girone a casa. Tre anni e quattro mesi persi per evidente incompetenza, undici mesi soltanto di arbitrato per dare un'importante svolta alla vicenda.
Insomma, un gran can-can mediatico durato oltre quattro anni, semplicemente perché tre diversi governi e le loro diplomazie si erano incaponiti sulla strada sbagliata.
Piero Uboldi
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