Bollate, Softball: Greta Cecchetti e i suoi 2mila strike-out.
E’ passato qualche tempo dal raggiungimento dei 2000 strike- out (record che resterà imbattuto per parecchi lustri) avvenuto in quel di Macerata da parte di Greta Cecchetti, ma non è stato facile convincere questa campionessa bollatese di softball a farsi intervistare, lei solitamente molto riservata. Alla fine ci siamo riusciti e davanti a un caffè più che ‘un domanda-risposta’ è stato un colloquio molto cordiale. Greta, bollatese nata nel 1989, è una giocatrice di softball di caratura internazionale, inserita nel roster dell’ MKF di Bollate e già della Nazionale Italiana, ha un palmares di tutto rispetto: 95 volte azzurra d’Italia, 2 Scudetti (2005 e 2020); 2 Coppe Italia (1997 e 2017); 2 Coppe dei Campioni (2014 con La Loggia in prestito dal Bollate, e nel 2019 col Bollate a cui dobbiamo aggiungere 4 Campionati Europei con l’Italia (2007, 2015, 2019 e 2021). Casacca n° 18, ha esordito nel Bollate Softball in Serie A nel marzo del 2004 in un triangolare a Parma contro Caronno e con la Nazionale Italiana nel 2006 nel torneo di Nuoro. Cecchetti è indubbiamente uno dei migliori talenti che il softball italiano abbia mai espresso.
Bollate, Softball: Greta Cecchetti e i suoi 2mila strike-out: l’intervista
Greta, ti sei avvicinata per caso al softball o hai sempre pensato di praticarlo?
“Mi sono avvicinata per caso perché all’inizio volevo fare ginnastica artistica ma per la mia altezza era sconsigliata. Ho provato il nuoto ma non mi piaceva e alla fine le zie (Candida Cerri e Giovanna Annoni, due ex nda) mi hanno spinta a provare ed…. eccomi qua”.
E’ stato facile o difficile conciliare scuola e sport?
“Beh si, è stato un po’ complicato perché ho conseguito la Laurea in Psicologia e ora sono iscritta a Scienze Biologiche con indirizzo Nutrizionale. A volte studio di notte per portare avanti gli impegni quotidiani mentre quando ho frequentato l’Accademia del Softball di Tirrenia o nella mia permanenza negli Stati Uniti tutto era più semplice; la mattina lo studio e al pomeriggio ci si allenava”.
Cosa ti ha dato il softball?
“Molto sul piano umano, mi ha fatto maturare e mi ha insegnato a vivere in mezzo alla gente. Credo che però, qualsiasi sport ti forgia il carattere e la personalità. Spero di ricevere ancora tanto dallo sport in genere”.
Tu sei in pratica una professionista, come sei arrivata a questo status, dato che con il softball non si diventa ricchi?
“Sono stata aiutata dai miei genitori, che non mi hanno mai fatto pesare il risvolto economico della mia scelta. Per essere un po’ indipendente ho svolto qualche piccolo lavoro come insegnante di inglese e poi mi hanno sempre assecondato e supportato. Ad esempio il Coni, ai tempi dell’accademia di Tirrenia, dava dei piccoli aiuti economici. Ora l’accademia non c’è più e ti devi arrangiare”.
Il softball è uno sport analitico, algebrico e tutto è codificato in statistiche e quando alla prestazione del lanciatore appare la definizione ‘perdente’ cosa si prova?
“Un senso di colpa, direi di frustrazione, anche se in quella partita hai sbagliato un solo lancio che ha determinato la vittoria della squadra avversaria”.
E dopo una vittoria?
“Ma in quel caso è tutta la squadra che festeggia perché, come ben sai, il softball come il baseball appare come uno sport individuale ma la prestazione dei singoli è finalizzata alla squadra come quando effettua un doppio gioco difensivo, tutti collaborano compreso chi fa le coperture in difesa ma resta ai margini dell’azione”
Agli inizi ti sei ispirata a qualche giocatrice?
“Naturalmente a una lanciatrice, Kelly Hardie australiana che ha giocato a Bollate ed è stata bronzo olimpico a Pechino 2008. Il suo numero (il 23 nda) a Bollate è stato ritirato per sempre come dimostra il pennant appeso agli esterni”.
C’è qualche allenatore a cui devi qualcosa?
“Sono tanti: in primis Guido Soldi, un maestro, poi il figlio Luigi che mi ha fatto esordire a 16 anni, al cubano Calixto coach in Accademia a Tirrenia e al compianto Enrico Obletter ex manager della Nazionale”.
Facci il nome di un battitore avversario che era ed è difficile da mettere strike-out?
“Tra le italiane sicuramente Erika Piancastelli del Forlì mentre a livello internazionale direi l’australiana Stacey Porter e la giapponese Yamato Fujita”.
Bollate, Softball: Greta Cecchetti e i suoi 2mila strike-out. Quali sono i lanci che ti hanno permesso di superare i 2000 strike-out?
“Per l’80 % il ‘Drop’, che è un lancio apparentemente dritto ma che per la rotazione impressa alla palla scende prima di raggiungere il guanto del catcher. Lancio anche il ‘rise’ che al contrario si sposta in alto e finisce fuori dell’area dello strike. Ma oggi se non hai un buon drop a livello internazionale, non sei nessuno”.
Hai qualche rito scaramantico prima di entrare in campo?
“In realtà non ho riti né amuleti, però eseguo sempre una rotazione in senso antiorario a sinistra dopo ogni lancio ma… forse è un tic”.
Sei stata la prima giocatrice italiana a giocare in Giappone dove il softball è una religione. Ci racconti qualcosa di questa esperienza?
“Ho vissuto il softball a livello professionistico. Ho giocato per i SGH Galaxi Stars di Kioto”. Spiegati meglio… “In Giappone le squadre sono di proprietà di gruppi industriali. La SGH è una di queste e le giocatrici sono dipendenti, assunte da queste e anziché stare in ufficio, sono sui campi ad allenarsi disputando il campionato”.
C’è molto pubblico a seguire le partire?
“Contrariamente a quanto tu pensi nel softball no, ma gli stadi di baseball sono stracolmi con tre network che tutto il giorno trasmettono partite. Come hai detto giustamente tu, per loro è una religione”.
Ti sarebbe piaciuta anche una esperienza statunitense?
“Si l’ho fatta a livello professionistico nella lega Athletes Unlimited”.
Cosa serve al softball italiano per affermarsi nel ranking mondiale?
“E’ necessario investire sui giovani, avere una base ampia su cui lavorare dandosi una scadenza temporale tipo il quadriennio olimpico. In Giappone e in Australia già lo fanno. Sarebbe utile anche tornare all’Accademia”.
Nell’Mkf Bollate stai ricoprendo il doppio ruolo di lanciatore e di pitching-coach delle giovanili. C’è qualche talento all’orizzonte pronta per entrare in prima squadra?
“Ci sono soggetti molto interessanti, con potenzialità e insieme agli altri istruttori li stiamo plasmando”.
Libro o film?
“Entrambi. Leggo libri di psicologia sportiva o anche della vita di atleti, ma se voglio rilassarmi vado al cinema, per qualche commedia romantica”.
Sei sui social?
“Si, su Facebook e Instagram ma non sono molto attiva”.
Gianluca Zamperini
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