
La chiamano già sindrome da “The Terminal”: come nel film di Steven Spielberg dove il protagonista – interpretato da Tom Hanks – rimane intrappolato all’interno dell’aeroporto JFK di New York, così tanti italiani attualmente a Londra rischiano di subire la stessa sorte dopo le ultime restrizioni anti Covid. Secondo quanto deciso dalla Farnesina, potranno fare rientro dalla Gran Bretagna i cittadini residenti in Italia o coloro che sono in condizioni di criticità e urgenza.
Le misure per il rientro però saranno rigide: doppio tampone, prima e dopo essere partiti e quarantena obbligatoria di 14 giorni una volta atterrati in Italia.
Nel frattempo, a due giorni dall’ordinanza del ministro della Salute Speranza che ha interrotto i collegamenti aerei tra l’Italia e il Regno Unito, almeno fino al 6 gennaio, tanti lombardi, per lo più lavoratori residenti nella capitale britannica, rischiano di non fare rientro a Milano. «Easyjet ha cancellato il volo 6 ore prima della partenza per l’Italia – racconta Chiara Tavernati, store manager originaria di Limido Comasco (CO) – Io vivo a Londra quindi, per quanto fastidiosa, è una situazione gestibile, ma sto leggendo di molte persone rimaste senza casa e senza ricevere supporto né dall’Italia né dall’UK».
Eleonora Giagnorio di Monza, svolge un dottorato di ricerca: «Il mio volo previsto per domani è stato cancellato questa mattina, ho sperato fino all’ultimo ma me lo aspettavo. Per rientrare in Italia al momento non c’è la possibilità di prenotare voli diretti ma solo tratte con più scali, tutte soluzioni dai costi eccessivi». Disagi sui cieli ma anche sulle strade britanniche con rallentamenti di Tir alla frontiera di Dover: «Io devo tornare a Saronno ma sono rimasto bloccato a Folkeston, nel Kent – dice Karim Idabderrahmane, di professione corriere – Siamo qui in tre, bloccati da ieri dopo una consegna, aspetto che riaprano l’Eurotunnel per rientrare in auto».
Tra i lombardi in Inghilterra c’è però chi ha rinunciato già da tempo all’idea di prenotare e mettersi in viaggio: «Qui a Bristol di Saronno siamo in 5 – racconta Marta Reina, ricercatrice – quasi tutti abbiamo preferito rinunciare anche per evitare i tamponi e la quarantena obbligatoria».
Claudio Agrelli
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