“Avrei preferito che mia figlia fosse bocciata piuttosto che farle concludere le superiori senza che abbiamo le idee chiare sul suo futuro, su quale percorso farle seguire”. E’ un’affermazione singolare ma fondata quella di Tiziana Sinigaglia, una mamma con una figlia con disabilità, che quest’anno scolastico ha frequentato la quinta superiore al Liceo classico Legnani di Saronno. Raccontando il caso della sua Sonia, solleva un problema diffuso ovunque: quello che è un vantaggio per tutti i disabili, con la legge 104, essere promossi sempre e comunque alla maturità (addirittura anche senza presentarsi agli esami), in realtà è una discriminazione: “Soprattutto in piena pandemia – afferma la gerenzanese – Non avendo seguito un normale anno scolastico, sarebbe stato più corretto far ripetere l’anno a Sonia, in modo che la sua formazione fosse dello stesso livello degli anni precedenti”.
Tiziana spiega così il senso della sua protesta, che è quella di tanti altri genitori nella sua situazione: “Sarebbe stato meglio non promuoverla e non farla accedere all’esame perché fermandola un anno avrebbe potuto viverlo in pieno: certo è stata seguita da un insegnante di sostegno e da un educatore con un percorso personalizzato, ma non ha potuto frequentare i suoi compagni né fare l’orientamento, scegliendo quale percorso di vita cominciare dopo la maturità”. Serviva, insomma, un passaggio graduale, di modo che Sonia non si trovasse come si ritrova oggi: senza sapere cosa fare dopo la maturità, completamente disorientati lei e la sua famiglia.
Tiziana Sinigaglia, elogiando il Liceo Legnani per la qualità della sua offerta formativa anche per i disabili, lamenta che purtroppo non è stata accolta la sua richiesta: “Non hanno accettato il fermo di mia figlia, spiegandomi che anche il Provveditorato di Varese ha negato questa possibilità senza giuste motivazioni per la bocciatura. Purtroppo mi sono ritrovata di fronte a un muro di gomma: non hanno voluto sentire ragione. Ma se per loro il percorso di studio di Sonia è terminato, per noi no. Avere raggiunto gli obiettivi della didattica non è tutto per persone con disabilità”. In pratica la ragazza, se avesse frequentato un normale anno scolastico, avrebbe potuto capire quale strada intraprendere dopo la maturità in base alle sue competenze e alla sua preparazione: invece, adesso, l’unica possibilità sembra un centro diurno (ma non è stato seguito nessuno step per introdurla) e non si hanno idee su quale università possa accoglierla a settembre.
“Mia figlia sarà promossa, ma per lei fare scuola come quest’anno non è la stessa cosa che per gli altri ragazzi – spiega la madre – Che le sia mancata la socialità, nel suo caso, è ancora più grave perché ha un grandissimo bisogno del rapporto coi propri coetanei. Altrettanto grave è non avere seguito il suo percorso formativo, come il liceo poteva garantirle prima della pandemia”. La morale? “La scuola italiana, in realtà, non è inclusiva. Il che mi spiace, perché in questi anni ho trovato molte persone in gamba, che lavorano con grande professionalità. Mi sento di ringraziare i Servizi sociali di Gerenzano, che ci sono sempre stati vicino”.
Stefano Di Maria
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