La collezione dendrologica del Giardino botanico di Uboldo ospita 330 alberi e arbusti di oltre 200 specie autoctone, quasi tutte di provenienza locale o italiana ed è qui che piccoli agronomi crescono per combattere la Popilia.
La Popilia giapponese al Giardino botanico di Uboldo
In questo luogo sono state tutelate anche molte specie rare della flora locale, italiana e delle zone mediterranee, a scopo di conservazione della biodiversità vegetale. Proprio questa scelta ha permesso una buona gestione delle problematiche legate alle malattie delle piante, minimizzando tutti gli interventi. “Infatti – spiega il curatore del giardino Gianni Riva – la completezza dell’ecosistema vegetale spontaneo, permette quel connubio e quella serie di scambi tra mondo vegetale e animale. Che serve mirabilmente anche a questo scopo. Un esempio di ciò è dato dalle operazioni di controllo dell’invasione del coleottero giapponese (Popilia japonica), che dal 2020 ha interessato ampie zone del nord Italia. Nel Giardino botanico, soprattutto nell’attiguo parco di via Manzoni, il picco dell’invasione si registrò nell’anno 2021, allorquando molti alberi e arbusti (principalmente tiglli, salici e pruni) vennero massicciamente defoliati”.
Piccoli agronomi al lavoro al Giardino botanico di Uboldo
Già allora, però, Riva si era reso conto che l’area meno danneggiata era proprio quella del Giardino botanico e che, come in tutto il circondario, il parassita si era principalmente riversato su specie ornamentali nel parco attiguo. In conformità con le buone pratiche in uso per il controllo del parassita, si è provveduto, già all’inizio delle estati 2022 e 2023, a un monitoraggio della presenza delle popilie di prima generazione. Con l’ausilio dei ragazzi del vicino centro estivo, sollecitati per motivi didattici (il Giardino botanico organizza regolarmente manifestazioni con le scuole). Lo scorso anno risultò che la specie ornamentale Tilia tomentosa era quella che ospitava il maggior numero di popilie. Ma anche altri tigli vicini, già da metà giugno, ne erano parzialmente interessati; quest’anno le infestazioni si sono ridotte ulteriormente.
Il trattamento per difendere le piante dalla Popolia
“Abbiamo immediatamente tentato un trattamento con pompa a spalla a base di Bacillus thuringiensis var – Kurstaki (solitamente raccomandato in autunno per controllare le larve e ammesso in agricoltura biologica, nonché innocuo per l’uomo)”, fa sapere Gianni Riva. Nonostante la sua atipicità, il trattamento ha dato esito positivo, riducendo quasi a zero l’infestazione in tutto il parco. Senza dubbio il risultato è stato ottenuto grazie all’ecosistema: eliminando le fondatrici si è minimizzato l’impatto sulle altre specie vegetali, permettendo alla natura di completare l’opera.
Infatti, sono stati poi i predatori (molto utili l’upupa, il merlo e la cornacchia) a fare il resto. Certo è che, davanti alle problematiche del mondo naturale, non si deve mai prescindere sia dallo sperimentalismo sul campo (che ci insegna a non dare mai nulla per scontato) che dalla indispensabilità della conservazione della vegetazione autoctona”.
In questo caso, come in quello della Takahashia japonica, sia i monitoraggi con i bambini che i trattamenti preventivi hanno funzionato. “La Takahashia japonica è nota per i caratteristici anelli bianchi che si vedono spesso sugli alberi di Gelso”, puntualizza Riva. “Ma raramente defolia tutta la pianta e quindi s’interviene solo in casi estremi”.
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