di Stefano Di Maria
Per com’è stato pensato, MARE FUORI potrebbe andare avanti all’infinito, fino a quando avrà il successo fin qui meritato (si parla di 30 milioni di streaming della prima parte della stagione 5). Gli ultimi sei episodi, rilasciati da Raiplay il 26 marzo, lo dimostrano: per alcune storie che si chiudono, altrettante si aprono, nella prospettiva della sesta stagione, le cui prime riprese sono state annunciate per giugno. Ma com’è questo quinto capitolo? Ecco la nostra recensione.

MARE FUORI 5 – Recensione della seconda parte
Il cambio di regia si nota parecchio, come all’inizio di stagione: Ludovico Di Martino (SKAM ITALIA) vuole lasciare la sua impronta e si vede. A partire dalle scene oniriche, che sembrano voler emulare David Lynch: possono sembrare decontestualizzate, eppure sono efficaci nel rappresentare le sensazioni che vivono in quel momento certi personaggi. Per il resto il regista predilige i primi piani, riprese in movimento e slow motion.
Se nei primi sei episodi non c’era più salvezza, limitandosi a recuperare la crudezza del carcere e della vita fuori, i successivi sono dominati dalla speranza e dal riscatto di chi ne ha passate tante. Si chiudono così cicli di personaggi che non vedremo più, ma sono cresciuti e maturati cercando la propria strada. Allo stesso tempo rimangono nell’IPM di Napoli detenuti che si assumono le loro responsabilità, scelta che prelude a un’evoluzione in positivo del loro personaggio. Le new entry hanno sufficiente carisma per prendere il posto degli storici protagonisti fatti uscire (fin dalla terza stagione) perché hanno chiuso il loro arco narrativo. Il cast è di livello: attori pressoché sconosciuti che reggono bene la scena, senza quasi più quella teatralità che ha fatto storcere il naso in passato. Certo ci sono sequenze ridondanti, accompagnate da colonne sonore dal tono epico, ma è questo il marchio di fabbrica di MARE FUORI, che ha sempre voluto solleticare le corde del melodramma a dispetto dei puristi.

MARE FUORI 5 – Aspetti negativi
Il tentativo di recuperare i temi e il pathos delle prime stagioni si nota, ma la serie dà l’impressione di incartarsi su se stessa: è come se non potesse fare a meno di ripetere sempre gli stessi schemi, ponendo quindi dei dubbi sul senso di mettere in piedi altre stagioni con nuovi personaggi. Si aggiunge una sospensione dell’incredulità non di poco conto. Ci sono gli storici detenuti che, dopo cinque stagioni, dovrebbero già avere superato la maggiore età ed essere stati trasferiti in un penitenziario per adulti.

Persistono situazioni che dire improbabili è un eufemismo: la figlia della direttrice del carcere, all’insaputa della madre, scrive col suo computer una relazione positiva da trasmettere al magistrato, riuscendo a far uscire in permesso due ragazzi; come se non bastasse, si accoppia con uno di loro proprio sulla scrivania della madre approfittando di un black out, senza che nessuno se ne accorga (anzi la madre rientra in ufficio giusto mentre la giovane si sta ricomponendo); un detenuto dell’IPM entra tranquillamente nell’ufficio di un qualunque magistrato del palazzo di giustizia per carpire dai suoi documenti di lavoro, guarda caso, l’informazione che gli serve; i permessi vengono concessi all’acqua di rose, tanto che i ragazzi possono incontrarsi in città e combinarne di ogni; ci sono minorenni che possono decidere le sorti dello spaccio nelle piazze di Napoli come fossero boss di GOMORRA (roba da fare un baffo ai camorristi di lunga data).
Malgrado ciò, MARE FUORI continua a mantenere un suo fascino. Già, ma fino a quando?
VOTO: 3/5
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