di Stefano Di Maria
“MARE FUORI, serie targata Raidue, è uno di quei prodotti televisivi che meriterebbero una migliore promozione e distribuzione, uscendo dalla nicchia della tv generalista. Se fosse rilasciata dalle piattaforme streaming a pagamento, conquisterebbe senza dubbio quell’attenzione che le manca”. Scrivevamo così nel 2021, all’uscita della seconda stagione di questa serie coraggiosa, finita a torto nei prodotti di nicchia della tv generalista. Ebbene, adesso non è più così: Netflix ha acquistato i diritti di distribuzione, fino a pochi giorni fa riservati a Raiplay essendo andata in onda su Raidue, e già si è piazzata al terzo posto della Top Ten.
Molti hanno accostato MARE FUORI a GOMORRA, ma in realtà percorre strade molto diverse. Da tempo non si vedeva una storia ambientata in un carcere minorile del sud Italia, in uno di quegli istituti che lavorano tanto sulla rieducazione ma sono comunque un covo di violenza, rivalità e angherie fra detenuti minorenni. Un disagio sociale che non sembra per nulla mutato rispetto a 30 anni fa, ai tempi dei famosi film di Marco Risi “Mery per sempre” e “Ragazzi fuori”. Qui c’è l’Istituto di Pena Minorile sull’isola di Nisida a Napoli, situato a picco sul mare. Quel mare che dà il titolo alla serie e rappresenta quella speranza di riscatto che tutti cercano.
MARE FUORI – LA TRAMA
Protagonisti sono due giovani che provengono da realtà molto diverse: Carmine vuole affrancarsi dalla famiglia camorrista, Filippo proviene dalla Milano bene. Fra loro è nata una grande amicizia: si aiuteranno a vicenda, a costo di farsi del male pur di proteggersi dai coetanei violenti. Tutt’attorno c’è una girandola di ragazzi e ragazze finiti all’IPM con una propria storia (raccontata attraverso i flashback, anche di poche ore prima dell’arresto).
Mare fuori: la recensione
Lo show, grazie a una scrittura efficace, con le potenti musiche di Stefano Lentini, punta molto sull’approfondimento psicologico e sulle motivazioni per cui hanno commesso certi sbagli. Emerge così il ritratto di una generazione perduta, segnata dal contesto culturale in cui è cresciuta o dal singolo sfortunato episodio che condizionerà per sempre le loro vite. L’efficacia del racconto, infatti, non sta nel giustificare questi giovani, piuttosto nel messaggio che si può finire nel baratro di un penitenziario per una casualità ma anche per scelta. “Hai preso una decisione e devi assumertene le conseguenze”, ripete più volte la direttrice del carcere Paola Vinci, interpretata da una Carolina Crescentini al suo meglio, affiancata da un altrettanto bravo Carmine Recano (che veste i panni del comandante Massimo Valenti).
Con molte story telling e un crescendo di colpi di scena che tengono alta l’attenzione per un’ora a episodio, MARE FUORI indaga l’adolescenza come nessun’altro prodotto televisivo ha fatto, mostrandoci le paure, le fragilità e l’umanità che si nasconde dietro alla rabbia di ragazzi cresciuti troppo in fretta. Il risultato è un racconto corale, che emoziona e commuove grazie a un cast di attori bravissimi, seppure sconosciuti al grande pubblico (salvo qualche eccezione). Tutti di grande bravura (da Nicolas Maupas a Massimiliano Caiazzo, a Valentina Romani), riescono a creare empatia con lo spettatore, dal più buono al più cattivo, sotto la sapiente regia di Milena Cocozza e Ivan Silvetrini.
MARE FUORI, disponibile su Netflix con 12 episodi di un’ora a stagione, è la serie che tutti dovrebbero vedere. In agosto cominceranno le riprese del terzo capitolo, che potrebbe essere acquisito in esclusiva proprio da Netflix.
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