di Stefano Di Maria
Preparatevi a vivere una nuova esperienza visiva alla DHAMER. Dopo l’enorme successo delle serie sul cannibale di Milwaukee, Ryan Murphy (re del true crime) e Ian Brennan tornano su Netflix con la seconda stagione di MONSTERS, questa volta dedicata alla storia di Lyle ed Erik Menendez. Uno show tutto da scoprire, che ripercorre il caso dei due fratelli condannati nel 1996 in California per l’omicidio dei genitori.
Diciamo subito che, se non si è superato, Ryan Murphy non delude le aspettative, mantenendo sempre alta l’asticella in termini di qualità produttiva e scelta del cast.
Di seguito il trailer di MONSTERS: LA STORIA DI LYLE ED ERIK MENENDEZ.
MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez – Dalla realtà alla serie
Tutto comincia con la ricostruzione della morte di José e Mary Louise “Kitty” Menendez, uccisi a fucilate dai figli Lyle ed Erik. I fratelli, inizialmente, riescono a ingannare la polizia attribuendo l’esecuzione alla mafia, legando il regolamento di conti all’attività imprenditoriale del padre. Ma poi, dopo alcuni passi falsi, finiscono per essere arrestati.
Mentre l’accusa sostiene che cercassero di ereditare la fortuna di famiglia, i fratelli dichiarano (e restano irremovibili ancora oggi, mentre scontano l’ergastolo senza la possibilità di libertà vigilata) che le loro azioni provenissero dalla paura dei prolungati abusi fisici, emotivi e sessuali per mano dei genitori.
MONSTERS: LA STORIA DI LYLE ED ERIK MENENDEZ esplora nei dettagli lo storico caso che ha sconvolto il mondo, scatenando l’interesse moderno del pubblico per le storie true crime e a sua volta chiede al pubblico stesso: “Chi sono i veri mostri?”
MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez – La recensione
Già, “chi sono i veri mostri?”. E’ questa la domanda che lascia in sospeso, all’opinione dello spettatore, la serie di Ryan Murphy e Ian Brennan. Noi un’opinione ce la siamo fatta: i veri mostri, malgrado l’ingiustificabile parricidio, sono i genitori. Il padre che violentava sistematicamente i due figli da quando avevano sei anni e la madre succube di lui che faceva finta di nulla. Ma fu davvero così? Oppure i due ragazzi, interessati soltanto ai soldi, si sono inventati tutto? Fornendo più versioni della storia, la serie insinua il dubbio. Ma di fondo restano due aspetti che non possono essere divisivi: la ferma condanna del gesto commesso dai ragazzi, comunque ingiustificabile, e la denuncia degli abusi sessuali che spesso vengono consumati in famiglia.
Il cast, frutto di una scelta azzeccatissima, è da urlo. Chloë Sevigny, nel ruolo della madre, mette in scena una delle migliori performance della sua carriera: è perfetta nell’esprimere l’infelicità della moglie tradita, l’odio e la gelosia che Kitty provava per i figli e la sottomissione al marito dispotico, vittima della dipendenza non solo da lui ma da farmaci e alcol. Il José Menéndez di Javier Bardem è inquietante: l’attore, uno dei migliori sulla scena cinematografica, mette i brividi nei panni del padre crudele, che educava i figli seguendo la cultura del maschio greco-romano (“devo forgiarti come nell’antica Roma”, diceva ai figli durante gli abusi), dietro cui nascondeva la sua propensione alla pedofilia.
Lasciano a bocca aperta Nicholas Chavez e Cooper Koch, rispettivamente nel ruolo di Lyle ed Erik: pacato e tormentato sai sensi di colpa il primo, più irruento e dispotico quasi quanto il padre il secondo. Le loro interpretazioni sono ipnotiche e lasciano senza fiato: soprattutto quando confessano gli abusi subiti, che Ryan Murphy non ha voluto mai rappresentare ma evocare solo attraverso i loro racconti. Uno dei migliori episodi è il quinto, quando in 30 minuti assistiamo al drammatico racconto-confessione di Erik: fisso davanti alla camera, mentre l’avvocata che lo difende (un’eccezionale Ari Graynor) sta tutto il tempo di spalle, facendo domande insinuanti ed entrando volutamente nei dettagli nella prospettiva di portarli in aula. Cooper Koch riesce a reggere il peso dell’intero episodio con un’interpretazione che strazia il cuore, così cruda e realistica da aspettarsi la candidatura ai prossimi Emmy.
Ryan Murphy e Ian Brennan lasciano ancora una volta il segno nel mondo della serialità con un’opera che scuote e divide il pubblico, indimenticabile.
GIUDIZIO: 4/5
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