di Stefano Di Maria
Julianne Moore e Kevin Bacon: un’accoppiata vincente per una serie che ha gli ingredienti giusti per catturare l’attenzione dei fruitori di Netflix. Stiamo parlando di SIRENS, fresca di rilascio sulla piattaforma a stelle e strisce. Raccontata nell’arco di un esplosivo fine settimana nella sontuosa tenuta dei Kell su un’isola, è una rappresentazione incisiva, sexy e venata di umorismo nero, delle donne, del potere e delle classi sociali.

SIRENS – La trama
Devon pensa che la sorella Simone abbia una relazione davvero inquietante con la sua nuova capa, l’enigmatica e mondana Michaela Kell. Lo stile di vita lussuoso ed esclusivo di Michaela è come una droga per Simone e Devon ha deciso che è arrivato il momento di intervenire, ma non immagina nemmeno che tipo di formidabile avversaria sia Michaela.

SIRENS – La recensione
Julianne Moore è perfetta nell’interpretare un personaggio magnetico, accattivante e controverso, dalla grazia quasi divina, al cui cospetto manca solo che ci si debba inchinare. A suo agio nei panni della padrona di una dimora extralusso, incarna l’arroganza e l’ipocrisia di chi usa soldi e potere per avere tutti al suo cospetto: è una manipolatrice, che tiene legata a sé la sua assistente Simone facendo leva sulla sua insicurezza e sul desiderio di sentirsi amata e considerata.
A tenerle testa è Devon, interpretata da Meghann Fahy (già vista in THE WHITE LOTUS e THE PERFECT COUPLE), che ha cucito addosso il ruolo della sorella disfunzionale e scapestrata di Simone, a sua volta messa in scena da una Milly Alcock decisamente in forma nella parte di una ragazza plagiata, vittima di un trauma passato e desiderosa di riscatto. Convincente anche il sempre ottimo Kevin Bacon, che impersona un marito ricco e infelice, a sua volta vittima della personalità ammaliante e determinata della moglie.

Tutto attorno c’è lo staff della dimora, protagonista di situazioni più o meno comiche che danno una verve in più a una storia che si pone come una dramedy con un tocco di soprannaturale, che ha tante qualità ma non si comprende dove voglia andare a parare: il rischio è di seguire la vicenda con poca convinzione, salvo arrivare a un epilogo tutto sommato credibile.
La miniserie, in cinque episodi da circa un’ora, è una riflessione sulla dinamica del controllo, sul plagio inconsapevole nel momento del bisogno, ma anche sul classismo e, soprattutto, sul potere delle donne sulla propria vita e su quella altrui. Tutti temi ben rappresentati grazie a una scrittura sapiente, che mischia l’ironia al surreale quanto basta. Con un titolo che richiama alle pericolose sirene della mitologia greca.
IL NOSTRO VOTO:
3.5/5
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