di Stefano Di Maria
Ormai è assodata la scelta di Netflix di dar voce alle minoranze, rappresentando tutte le fasce della popolazione senza distinzione di etnie, genere e sessualità. Un altro passo in questa direzione è stato compiuto in Italia con la miniserie ZERO, prodotta da Fabula Pictures e Red Joint Film per il colosso dello streaming, liberamente ispirata al romanzo “Non ho mai avuto la mia età” di Antonio Dikele Distefano.
La vicenda è ambientata nell’immaginario quartiere Barrio di Milano (che in realtà corrisponde al rione della Barona, alla periferia sud), abitato da una comunità di ragazzi nati e cresciuti in Italia ma figli di extracomunitari. Fra loro c’è Omar, un senegalese che sogna di diventare fumettista, il quale scopre per caso di avere il superpotere di diventare invisibile quando vive emozioni fortissime. Se ne servirà per salvare il Barrio dalla speculazione edilizia di un’impresa immobiliare, che vuole abbassare i prezzi delle case per acquistarle e poi costruire un nuovo quartiere. Affiancando la “resistenza” degli altri ragazzi, Omar farà di tutto per impedirlo, a costo di rischiare la vita e dover rinunciare all’amore.
ZERO è una storia raccontata in otto episodi di mezz’ora circa, che appassionano e spingono a vederlo tutto d’un fiato. Certo non è la serie ideale per chi non ama i supereroi, tuttavia ne consigliamo comunque la visione: se si supera lo scoglio della capacità del protagonista di diventare invisibile, i personaggi e le vicende in cui sono coinvolti sono di grande attualità. Diversi i temi trattati: dalla difficoltà di trovarsi un lavoro, che rende la vita complicata alle nuove generazioni di ragazzi che si sentono tutto fuorché extracomunitari, alle speculazioni edilizie di società che lucrano sulle disgrazie altrui; dalla malavita alleata dei colletti bianchi, disposta a tutto per soldi, alla convivenza fra italiani e stranieri, con risvolti sempre problematici e imprevedibili. Poi c’è l’invisibilità del protagonista, che simboleggia l’invisibilità di chi vive ai margini come Omar, che fa il rider e si scontra ogni giorno con l’indifferenza della gente.
Dal punto di vista tecnico, ZERO è una miniserie ben confezionata: la fotografia è curata, così come la scelta del cast di attori, tutti ben calati nella parte e credibili (azzeccatissimo nel ruolo di Omar Giuseppe Dave Seke). C’è anche un bel ritmo, ma non mancano vuoti narrativi e difetti di scrittura. Gli autori hanno voluto tenere aperta la porta a una seconda stagione (non ancora confermata) introducendo un misterioso personaggio che lascia alquanto perplessi e potrebbe far approdare la storia in lidi ancora più surreali. Il che potrebbe essere un pregio o un difetto, a seconda dei gusti.
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