Un giro di denaro da 100 milioni di euro legato al traffico illecito di rifiuti, attraverso il transito suiconti di società italiane, tedesche e ungheresi, on il coinvolgimento anche di Paderno Dugnano. È quanto è emerso dall’operazione che ha portato all’esecuzione di diversi provvedimenti cautelari, personali e reali, dopo le indagini del gruppo carabinieri per la Tutela ambientale e la transizione ecologica di Milano.
Paderno, traffico illecito di rifiuti: misure cautelari per 18 persone
I carabinieri del gruppo per la Tutela ambientale e la transizione ecologica di Milano, con il supporto dei comandi provinciali dell’Arma, dell’Europol e della polizia tedesca, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal gip di Milano nei confronti di 18 persone (6 ordini di custodia cautelare in carcere, 8 arresti domiciliari e 4 sottoposti all’obbligo di dimora presso il comune di residenza), ritenute responsabili di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. rifiuti speciali costituiti da rottami ferrosi e altri rifiuti speciali pericolosi, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
L’operazione della Dda di Milano e la sede operativa a Paderno Dugnano
Il provvedimento scaturisce da una complessa e articolata attività investigativa coordinata dalla Dda di Milano e denominata Black Steel, attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali controllo e pedinamento, che ha consentito di raccogliere gravi indizi relativi all’esistenza di un’associazione per delinquere. Il cui promotore, un 56enne originario di Locri, titolare di imprese operanti in Italia e all’estero attraverso un’azienda di recupero, trattamento e commercio di metalli ferrosi con sede legale in Milano e sedi operative a Paderno Dugnano, oltre che a Cressa nel Novarese e Dairago, in provincia di Milano. A cui si aggiunge una società con sede legale a Torino.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori avrebbe ripetutamente approvvigionato ingenti quantitativi di rifiuti ferrosi “in nero”, per un ammontare di 165mila tonnellate da altre società operanti nel campo del recupero di rottami o direttamente dal mercato clandestino ,da soggetti non autorizzati o di provenienza furtiva), sul territorio nazionale.
Il traffico di rifiuti e il materiale importato dalla Germania
Al fine di poter reimmettere tali rifiuti sul mercato legale e rivenderli alle acciaierie, avrebbe poi fatto risultare (falsamente) di averli importati dalla Germania, acquistandoli da una società tedesca sempre a lui riconducibile, ma che in realtà sarebbe stata del tutto inoperativa e appositamente costituita. Inoltre, a fronte di false fatture emesse dalla società tedesca, avrebbe eseguito versamenti di consistenti somme di denaro (circa 90 milioni di euro), apparentemente a titolo di corrispettivo per gli acquisti (che si ritiene in realtà non siano mai avvenuti) dei rifiuti ferrosi.
Inoltre, insieme ad altri affiliati, avrebbe poi fatto rientrare in Italia le somme versate, dopo aver effettuato prelievi in contanti (anche fino a 900mila euro al giorno) presso i conti correnti in Germania o dopo averle “girate” su altri conti correnti riconducibili ad altre società di logistica ritenute fittizie, anche in altri Paesi, riconducibili sempre all’organizzazione.
I soldi “ripuliti” e l’acquisto del Novara Calcio in Serie C di calcio
Riottenuta la disponibilità di quanto bonificato, le somme venivano reimpiegate nel traffico illecito di rifiuti o, una volta “ripulite”, reinvestite in altre attività (tra le quali l’acquisto di una squadra di calcio piemontese militante in serie C, il Novara Calcio spa, poi rivenduta prima di essere sottoposta a fallimento).
I rifiuti, sia che fossero stati regolarmente acquistati o che fossero stati approvvigionati illegalmente e rimessi sul mercato legale tramite il modus operandi sopra descritto, venivano rivenduti direttamente alle acciaierie e fonderie (o a commercianti di rottami ferrosi) facendo risultare che fossero stati sottoposti a operazioni di recupero presso impianti dell’organizzazione che gli avessero fatto perdere la qualifica di rifiuti. In realtà, secondo quanto emerge dalle indagini, per ridurre ancora notevolmente i costi e massimizzare i profitti illeciti, tali operazioni non sarebbero mai avvenute e i rifiuti sarebbero stati trasformati solo documentalmente in “non rifiuti” attraverso la compilazione fraudolenta di fittizie dichiarazioni di conformità e di documenti di trasporto.
Le 6.500 tonnellate di rifiuti e sostanze pericolose
Allo stesso modo il sodalizio avrebbe gestito illecitamente considerevoli volumi di rifiuti speciali anche pericolosi, classificandoli fittiziamente al fine di mascherarne la reale natura e, omettendo l’esecuzione delle necessarie operazioni di recupero, li avrebbe avviati illecitamente presso discariche o impianti non autorizzati all’estero. Nel dettaglio, tra gennaio 2020 e marzo 2021, circa 6.500 tonnellate di rifiuti provenienti dal trattamento e recupero di cavi impregnati di olio, di catrame di carbone o di altre sostanze pericolose sarebbero stati ritirati da un impianto di trattamento rifiuti situato nel comune di Arcisate, nel Varesotto, e classificati fraudolentemente come “non pericolosi” (plastica e gomma), senza aver eseguito le prescritte analisi ovvero utilizzando certificati d’analisi falsi, al fine di farli rientrare nella cosiddetta “Lista verde”, allo scopo di aggirare la procedura (più onerosa dal punto di vista documentale ed economico) di notifica ed autorizzazione preventive scritte.
Tali operazioni venivano poste in essere mediante l’intermediazione di una società gestita dallo stesso titolare della citata azienda di trattamento e commercio rifiuti ferrosi e non ferrosi e smaltiti illegalmente presso un impianto di un’altra società della Repubblica Ceca non autorizzata a ricevere o trattare rifiuti pericolosi.
Il sequestro dei materiali informatici e il blocco dei conti correnti
I militari del Noe, l’Unità speciale dell’Arma per la vigilanza, la prevenzione e la repressione delle violazioni compiute in danno dell’ambiente, come disposto dal Tribunale di Milano, hanno sottoposto a sequestro preventivo ai fini della confisca le quote e i beni di 2 compendi aziendali, materiale informatico – computer, memorie di massa e telefoni cellulari in uso agli indagati – oltre che i conti correnti e i beni di proprietà, fino al raggiungimento per equivalente della somma ritenuta profitto del reato (pari a circa 90 milioni di euro), sia in Italia sia in Germania.
Alcuni dipendenti dell’azienda con sede a Milano e operante nel traffico illecito di metalli ferrosi, in data 5 gennaio 2023 sono anche stati deferiti per furto aggravato in concorso di rifiuti metallici (parti di rotaie dismesse derivanti dai lavori di manutenzione per l’ammodernamento della rete ferroviaria di proprietà di Rfi, stoccati all’interno di un’area di pertinenza di una stazione ferroviaria in provincia di Sondrio, in attesa di essere smaltiti come rifiuto).
Redazione web
Leggi ilNotiziario anche da pc, smartphone e tablet. Clicca qui per la nostra edicola digitale
Clicca qui per la nostra edicola digitale
Per restare sempre aggiornato con le nostre notizie,
puoi iscriverti gratuitamente al nostro Canale Telegram
oppure per i nuovi video pubblicati puoi iscriverti al nostro Canale Youtube