Quando guardiamo il telegiornale non c’è volta in cui non ci parlino dello spread.
Ormai ci abbiamo fatto così l’abitudine che quasi non ci facciamo più caso ma ci limitiamo a preoccuparci se lo spread sale e a rilassarci se scende. Sappiamo solo questo: se sale, mi preoccupo, se scende, mi rilasso. Ma vi siete mai chiesti che cosa vuol dire per le nostre tasche la salita di un punto di spread?
Se il bar sotto casa ci aumenta il caffè di 10 centesimi, la cosa ci infastidisce, se aumenta la benzina, ci arrabbiamo, perché capiamo subito l’effetto che avrà sulle nostre tasche.
Dello spread, invece, nessuno capisce quale sia l’effetto reale sulle tasche, per cui sentire che sale ci fa un po’ preoccupare e nulla più. E allora cerchiamo di capire che cosa vuol dire l’aumento dello spread.
Il debito pubblico italiano oggi ammonta a 2.331 miliardi di euro ed è composto da Bot, Btp e Cct.
L’aumento di un punto dello spread significa che aumentano dello 0,01% gli interessi che lo Stato (cioè noi) paga sul debito. Su un debito di 2.331 miliardi lo 0,01% annuo è pari a ben 233 milioni di euro. Se lo spread sale da 100 punti a 325, come è successo in questi mesi, vuol dire che lo Stato (cioè noi) paga 52 miliardi di interessi in più all’anno.
E’ chiaro che, perché si paghino 52 miliardi in più, lo spread deve restare a 325 non per un giorno, ma per alcuni anni, perché l’effetto dell’aumento si ha man mano che i vari Bot, Btp e Cct scadono e ne vengono emessi di nuovi, ma se così dovesse accadere, allora l’aumento di 10 centesimi del caffè sarebbe una bazzecola, perché l’aumento dello spread da 100 a 325 (se non diminuirà) costerà in media a ogni italiano, neonati inclusi, 867 euro ogni anno. Giusto per chiarirci le idee.
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