di Stefano Di Maria

Col rilascio della terza stagione, si è concluso l’arco narrativo di AFTER LIFE, un chicca di Netflix partorita dalla mente del comico inglese Ricky Gervais, che è anche sceneggiatore, regista e attore protagonista. Con alle spalle il successo che gli ha tributato la serie THE OFFICE, con questo show ha dimostrato di avere ancora molto da dire in termini di scrittura e recitazione.
AFTER LIFE è la storia di Tony, un uomo travolto dalla morte della moglie per cancro, che cade in depressione al punto da decidere di dire a tutti ciò che pensa, sempre e comunque. Emblematica la battuta che, nella prima stagione, fa al nipote quando gli chiede perché Gesù abbia fatto morire la zia: “Perché è uno stronzo!”. Per lui non sembra esserci futuro: vorrebbe suicidarsi, ma a salvarlo è sempre il suo amato cane. In realtà è il suo istinto di sopravvivenza a farlo restare aggrappato alla vita (e alla bottiglia), la speranza (o consapevolezza) che prima o poi riuscirà a scrollarsi di dosso depressione e pessimismo: proprio come avrebbe voluto suo moglie, che prima di morire gli ha lasciato dei videomessaggi che riguarda ogni mattina appena sveglio.
Attorno a lui una carrellata di improbabili personaggi che, depresso ciascuno a modo suo, in questa terza stagione lo aiutano comunque a risollevarsi e a comprendere che può ancora essere una persona migliore e utile al prossimo: dal cognato, che dirige il settimanale locale per cui lavora, ai colleghi giornalisti, dalla dipendente della casa di riposo del padre (che vorrebbe una storia con lui) al postino che ha una prostituta come fidanzata, a un attore senza lavoro e squattrinato. Dulcis in fundo, c’è la tenera Anne, la donna con cui dialoga sulla panchina del cimitero davanti alla tomba della moglie, che anche in quest’ultimo capitolo è una presenza costante e rassicurante: è lei, interpretata da una splendida Penelope Wilton (DOWNTON ABBEY) a spronarlo a vivere malgrado il dolore, cogliendo ciò che di buono può offrire la vita anche senza la sua Lisa.
Tra la commedia nera e il dramma, AFTER LIFE è una serie ben riuscita, scritta e interpretata da un Ricky Gervais al meglio di sé. Certo non c’è granché approfondimento dei personaggi, ma è poca cosa considerato che contribuiscono tutti, con le loro azioni, alla morale della storia: vivere un lutto è terribile ma le persone attorno, in un modo o nell’altro, possono aiutare in qualche modo. La forza e l’originalità di AFTER LIFE stanno nel mostrare per quello che è, senza tanti fronzoli, una realtà nella quale tutti noi possiamo riconoscerci: la tristezza, l’insoddisfazione, la depressione fanno parte di chiunque; magari non sono una costante ma tutti prima o poi possono imbattersi in queste condizioni mentali. Ricky Gervais non voleva raccontare una favola di rinascita, di una nuova vita e di un nuovo amore. Perché, dopo un’esperienza come la sua, non è scontato, non tutti sono uguali reagendo allo stesso modo. Lui rifiuta la possibilità di un’altra relazione, ma nell’arco narrativo di tre stagioni conquista una nuova consapevolezza: raggiunge quella serenità che gli permette comunque di andare avanti. E chi lo dice che la serenità non sia meglio di una felicità che va e viene?
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