di Stefano Di Maria
Ci sono serie dove, così come certi film nel cinema, tutto è perfezione. Sono opere d’arte, destinate a restare indelebili nella memoria e a tracciare nuovi percorsi, nuove vie del racconto. Una di queste è ANNA, prodotta da Sky Studios, Wildside, Arte France e Fremantle, firmata Niccolò Ammaniti. Da anni non si vedeva una produzione italiana di questo livello, in grado di rappresentare un mondo distopico come mai era stato fatto prima nel Belpaese: qui ogni cosa è in equilibrio, dalla magnifica fotografia alla regia, dalla scrittura (firmata da Ammaniti con Francesca Manieri) alla recitazione, alle colonne sonore. In ANNA, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è tutto perfetto.
Certo, per godersi appieno la visione, bisogna superare uno scoglio non da poco in questi tempi in cui siamo tartassati dalle notizie sulla pandemia. Tutto comincia proprio con un virus, chiamato “La rossa”, che ha ucciso gli adulti e gli adolescenti tranne i bambini: nulla di studiato a tavolino, perché Ammaniti non poteva immaginare cosa sarebbe accaduto da lì a cinque anni quando nel 2015 scrisse il romanzo da cui è tratta la serie. Ma la pandemia è solo un pretesto per raccontare molto altro.
Protagonisti sono Anna e suo fratello Astor, che alla morte dei genitori devono cavarsela da soli come gli altri bambini che sopravvivono al virus fino a 13 o 14 anni. Ma al centro c’è anche la Sicilia, coi suoi paesaggi suggestivi e la natura incontaminata che sembra prendersi la rivincita per i maltrattamenti subiti. Fra città abbandonate e antichi palazzi nobiliari, fra sentieri polverosi, boschi, laghi incantevoli, arrivando fin sull’Etna, Anna dovrà lottare per la sopravvivenza seguendo le istruzioni che le ha lasciato la madre in un quaderno. “Giurami che ti prenderai cura del tuo fratellino”, le chiede prima di morire. Anna farà di tutto per mantenere il giuramento, rischiando la vita pur di salvare Astor rapito dai Blu, una banda di ragazzini capitanati dalla perfida Angelica.
Al presente distopico, che immagina un mondo spaventoso se pensiamo ai giorni nostri, si alternano i flashback del passato dei vari personaggi, che anche se comprimari hanno tutti un loro significato nella storia. Ne esce un mondo certo immaginifico ma credibile: in mancanza dei genitori, senza l’educazione, i bambini diventano selvaggi, non hanno più filtri e arrivano a compiere le azioni più crudeli privi di rimorsi. Certe dinamiche, tuttavia, sono simili a quelle degli adulti, che in condizioni di anarchia e lotta alla sopravvivenza (come visto e rivisto nelle serie apocalittiche) si ritrovano in branco comandati da un leader (qui rappresentato dalla villan Angelica). A impersonare la protagonista è l’esordiente Giulia Dragotto, convincente quanto Alessandro Pecorella nel ruolo del fratellino. Fra gli adulti non può che spiccare Elena Lietti, che nei panni della madre conferma la bravura già apprezzata nell’altrettanto indimenticabile IL MIRACOLO.
Nella serie ANNA c’è il rapporto fra morte e vita, c’è la speranza, c’è la forza del legame familiare e della memoria, c’è la lotta tra l’umano e la natura. Tutti argomenti ben rappresentati e approfonditi da un Niccolò Ammaniti, qui anche regista, in ottima forma: sa dove arrivare col racconto e dove fermarsi, dosando eventi e situazioni nella giusta misura, fermandosi quando possono divenire troppo disturbanti. Ogni scena e ogni sequenza sono curati con un’attenzione a dettagli quasi maniacale: dai paesaggi suggestivi della Trinacria agli interni di case e palazzi, alle maschere realizzate dai bambini, ai pupi, i classici burattini siciliani. Se dovessimo paragonare il mondo seriale a un museo, al capolavoro ANNA spetterebbe certamente un posto d’onore.
Al momento in programmazione su Sky, i sei episodi sono già tutti disponibili per gli abbonati di Sky Box Sets Now.
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