
di Stefano Di Maria
Il vuoto lasciato dalla serie THE FIRST, con Sean Penn, è stato colmato – decisamente meglio – da AWAY, pubblicata da qualche giorno sulla piattaforma Netflix. Protagonista Hilary Swank, che interpreta Emma Green, una madre cosmonauta divisa (anzi lacerata) fra il desiderio di conquistare Marte e l’amore per la sua famiglia. Anche THE FIRST indagava il dramma di sciogliere i legami familiari dovendo stare per anni lontano da casa, ma la serie targata Netflix lo ha fatto in maniera più completa, senza lasciare quel senso d’incompiuto che disorientava lo spettatore alla fine della storia con Sean Penn.
E’ chiaro che l’autore di AWAY (“Lontano”, un titolo che dice tutto) Andrew Hinderaker non volesse raccontare solo l’impresa della Nasa per arrivare sul pianeta rosso, ma anche la sofferenza, i turbamenti, le incertezze e le crisi vissuti dai membri dell’equipaggio che hanno lasciato casa. Un obiettivo che i dieci episodi centrano in pieno, facendo vivere allo spettatore le stesse sensazioni ed emozioni dei cosmonauti, ciascuno dei quali ha una storia personale complessa: Ram ha perso il fratello e i genitori, Kwesi è un figlio adottivo la cui famiglia d’origine è stata trucidata in guerra, Misha scegliendo il lavoro ha perso il rapporto con la figlia e i nipotini, Lu è una madre segretamente innamorata di un donna: tutte vicende narrate con brevi ma significativi flashback, mentre nel presente l’equipaggio mantiene i rapporti coi propri cari attraverso mail, video e messaggi vocali.
Coinvolgente la storytelling della famiglia della protagonista Emma, a capo della missione: staccarsi, per lei, il marito Matt (interpretato da John Charles, bravo quanto Hilary Swank) e la figlia Alexis è una prova difficilissima. Al punto che Emma vivrà momenti di crisi profonda, in cui è tentata di tornare a casa.
Il cast di AWAY è convincente così come la regia dei vari episodi, che porta firme diverse ma corali. Perfette anche le ambientazioni nello spazio, dove le improbabili evoluzioni degli astronauti ai bordi dello shuttle sono così ben girate da sembrare credibili.
Il finale – per fortuna – è aperto. Aspettiamo la seconda stagione please.
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