di Stefano Di Maria
Ha debuttato il 27 novembre su Sky e in streaming su Now con tutti gli episodi da subito disponibili, DOSTOEVSKIJ, l’acclamata serie Sky Original dei Fratelli D’Innocenzo. Rivelazione del cinema italiano grazie al loro fulminante esordio con La terra dell’abbastanza, presentato nella sezione Panorama del Festival di Berlino nel 2018, per poi arrivare a vincere l’Orso d’Argento per la sceneggiatura con l’opera seconda, Favolacce, selezionata per il concorso del 2020, Damiano e Fabio D’Innocenzo sono ideatori, autori e registi della serie in sei episodi.
Dostoevskij è una produzione Sky Studios prodotta con Paco Cinematografica. Un noir, con protagonista un magnifico Filippo Timi, che vira dal poliziesco al dramma psicologico, fino a sfiorare l’horror.
Qui sotto il trailer
DOSTOEVSKIJ – La trama
In un lasso di terra scarno e inospitale, il poliziotto Enzo Vitello, uomo dal buio passato, è ossessionato da Dostoevskij, killer seriale che uccide con una peculiarità: accanto al corpo l’omicida lascia sempre una lettera con la propria desolante e chiarissima visione del mondo, della vita e dell’oscurità che Vitello sente risuonare al suo interno.
DOSTOEVSKIJ – La recensione
I fratelli D’Innocenzo hanno raggiunto con DOSTOEVSKIJ l’apice della loro cinematografia. L’opera, presentata alla 74ª edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, prima della programmazione televisiva, rivoluziona la serialità italiana superando in qualità (non per tema trattato) anche le migliori stagioni di GOMORRA, che sembrava già difficile da eguagliare, figurarsi da superare.
Disturbante, cupa, intrisa di angoscia e disagio esistenziale, DOSTOEVSKIJ è una serie lenta, che si prende il suo tempo per indagare psicologie e scenari dov’è ambientata. Non è di facile fruizione e per questo, a nostro giudizio, è una produzione coraggiosa, consapevole del rischio di finire nella serialità di nicchia. Ma ha poca importanza quando si crede in ciò che si fa e quando c’è la volontà di sperimentare come nessuno aveva fatto mai con lo strumento televisivo.
Alle prese con la migliore interpretazione della sua carriera, il protagonista Filippo Timi entra nella mente e nel corpo del poliziotto Enzo Vitello in modo impressionante: presente in quasi tutte le scene, riesce a trasmettere la sofferenza di un uomo che attraverso la caccia al serial killer vuol ritrovare se stesso, scende a patti coi suoi incubi più neri pagando un prezzo altissimo. La giovane Carlotta Gamba lascia senza fiato nel ruolo della figlia Ambra, una ragazza dilaniata dal senso dell’abbandono dei genitori, schiava della droga e dell’autolesionismo. Lo scontro che si consuma fra i due nel quarto episodio è quanto di più devastante si possa vedere nel rapporto genitoriale: sotto gli occhi dello spettatore, come fosse presente anche lui nella stanza, scaturisce una lotta che a corpo a corpo che è soprattutto mentale, una resa dei conti dopo anni di incomunicabilità che ha portato Ambra a farsi del male con le droghe. E poi ci sono gli altrettanto bravi Gabriel Montesi (già apprezzato in CHRISTIAN), nel ruolo di un giovane poliziotto ambizioso quanto coraggioso, e Federico Vanni, estremamente credibile nell’uomo vittima di se stesso, di una crisi e di un disagio che la sua famiglia nemmeno sospetta.
La fotografia di Matteo Cocco è cupa, predilige i chiaroscuri e i colori spenti come l’anima dei protagonisti, pennella ogni scena come fosse una tela. Le colonne sonore di Michael Wall sono funzionali a sottolineare il vuoto interiore dei personaggi, il degrado morale e il loro disagio, un mal di vivere profondo come un pozzo.
DOSTOEVSKIJ è un capolavoro non per tutti, ma pur sempre un’opera che resterà nel firmamento della serialità italiana.
GIUDIZIO: 5/5
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