GOMORRA ha chiuso il suo ciclo, lasciando un segno indelebile nella serialità italiana. Se c’è un titolo che ha dimostrato al mondo che anche in Italia si possono produrre serie dal respiro internazionale, sperimentali e innovative, non può che essere GOMORRA. Lo dimostra l’ultima stagione, la quinta, che mette la parola fine alla guerra fratricida tra Genny Savastano (Salvatore Esposito) e Ciro Di Marzio (Marco d’Amore). Lasciandoci con la consapevolezza che il mondo della criminalità è una ruota che gira: ci sarà sempre qualcun altro a voler dettare legge, prevalendo su tutti, solo per la sete di potere.
Girati fra Napoli e Riga, i nuovi episodi della serie targata Sky – nella classifica del New York Times al quinto posto fra le produzioni non americane più importanti del decennio 2010/2020 – sono scritti dagli head writer Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, che firmano anche il soggetto di serie con Roberto Saviano. Completano il team di scrittura Gianluca Leoncini e Valerio Cilio. I primi 5 episodi e il nono sono diretti da Marco D’Amore, già regista di due episodi di GOMORRA 4 e del film “L’Immortale”, mentre gli episodi 6, 7, 8 e 10 sono diretti da Claudio Cupellini, al timone fin dagli esordi della serie. Entrambi sono anche supervisori artistici.
Lo scontro tra i Levante e Patrizia ha lasciato Napoli in macerie, costringendo Genny a rinunciare al suo sogno di normalità e a tornare in campo. Ma ora è braccato dalla polizia, costretto in un bunker e senza più Azzurra e Pietrino, abbandonati per garantire loro una vita migliore. Il suo unico alleato è ora ‘O Maestrale, il misterioso boss di Ponticelli. La guerra è imminente e i nemici agguerriti. Ma arriva una scoperta: Ciro Di Marzio è vivo, in Lettonia, cosicché per Genny nulla sarà più come prima. Parte proprio dalla fine del film “L’immortale” l’ultima stagione di GOMORRA. Da quando Genny e Ciro s’incontrano a Riga, travolti da quell’amore-odio che ha sempre caratterizzato la loro amicizia. Tutt’attorno, come sempre nella serie, c’è un sottobosco di criminali disposti a qualunque cosa pur di accaparrarsi le piazze della droga a Napoli, anche a tradire a costo della vita e a rischiare di morire sul campo. Sì, perché in GOMORRA sembra che nessuno abbia nulla da perdere: oggi ci sei, domani non ci sei più. Fa parte del gioco e nessuno ha paura. L’importante è morire con dignità, perché il fantasma della morte che attanaglia le persone normali, qui, non ce l’ha nessuno. Camorristi disposti anche a sfidare gli uomini delle istituzioni, colpendoli nella loro vita privata.
La stagione è dominata sì dallo scontro fra i due protagonisti ma anche dalle figure femminili. C’è Azzurra, interpretata da Ivana Lotito, combattuta fra il voler cambiare vita – per assicurare un futuro al figlio Pietrino – e l’amore e il senso di lealtà che prova comunque per Genny. C’è Nunzia, la moglie del boss ‘O Galantommo (nei suoi panni la brava Nunzia Schiano), pronta a vendicare il marito pronunciando frasi di una saggezza sconcertante per una donna che si rivela criminale quanto il consorte. E c’è Tania Carribba, che interpreta donna Luciana, che tradirà pur di garantirsi un futuro. Lei sì che ha paura di morire: si legge nei suoi occhi in ogni istante, anche se si dimostra priva di scrupoli.
L’epilogo dell’ultimo episodio chiude il cerchio in modo inaspettato, senza deludere, portando a compimento una storia epica, che difficilmente potrà essere eguagliata in Italia in quanto a sforzo produttivo, scrittura e interpretazioni. Confermando, con le sue storie di camorra molto vicine alla realtà, ciò che disse Al Capone: “E’ un mondo di uomini e non può essere diverso”.
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