di Stefano Di Maria
Diciamolo subito: più che una serie storica, LA LUNGA NOTTE – LA CADUTA DEL DUCE sembra una soap. Un pregio però ce l’ha: ci permette di ripassare la “lezione” su quando e come iniziò la fine del fascismo. Certo, dopo avere fatto indubbiamente centro con LA STORIA, tratta dal romanzo di Elsa Morante, non si può dire che Rai Fiction abbia fatto altrettanto con questo show diretto da Giacomo Campiotti e prodotto da Luca Barbareschi.

LA LUNGA NOTTE – LA CADUTA DEL DUCE. La Trama
Coprodotta da Rai Fiction e Èliseo Entertainment, disponibile su Raiplay e andata in onda su Raiuno, la miniserie è il racconto delle tre settimane precedenti la notte fra il 24 e il 25 luglio 1943, in cui si svolse l’ultima riunione del Gran Consiglio e che segnò la fine del regime fascista. La serie ripercorre i fatti che condussero a quel momento cruciale, raccontando la Storia con la S maiuscola, insieme con le storie di uomini e donne che agirono da protagonisti e misero in gioco il loro destino oltre a quello del Paese.

LA LUNGA NOTTE – LA CADUTA DEL DUCE. La recensione
La miniserie di Rai Fiction appassiona. Su questo non v’è dubbio: fin dalle prime sequenze, immerge nel clima storico che vuol raccontare, anche grazie a ricostruzioni ambientali e location che mettono in luce tutto lo sforzo produttivo che sta dietro lo show.
Quello che non funziona è la teatralità della recitazione, al limite della macchietta nel caso di Mussolini interpretato da Duccio Camerini: il suo personaggio non fa che strillare e inveire, ma col risultato di fare più il verso a Mussolini che imitarlo in maniera credibile. Gli va dietro la breve apparizione di Hitler, che sembra addirittura comico. Nel complesso quasi tutte le interpretazioni del cast sembrano forzate e sono pura soap opera le relazioni del Duce con l’amante Claretta Petacci, dell’erede al trono Umberto di Savoia con la principessa Maria José e di Galeazzo Ciano con la figlia di Mussolini Edda. Se poi ci mettiamo la storia d’amore fra una specie di crocerossina e un soldato, il quadro è completo.

Fa eccezione il protagonista Alessio Boni: non stupisce che interpreti in modo convincente Dino Grandi, anche se la scrittura rischia paradossalmente di dipingere il presidente della Camera dei Fasci come un eroe quando anche lui si era nutrito del fascismo per arricchirsi e appagare le sue ambizioni.
La serie è ben ritmata. I sei episodi da circa un’ora si lasciano guardare per il susseguirsi degli eventi fino alla resa dei conti finale, ma risulta difficile empatizzare coi personaggi. LA LUNGA NOTTE, per quanti sforzi faccia, non può scrollarsi di dosso quella patina da telenovela che non le permette di raggiungere i livelli de LA STORIA o L’AMICA GENIALE. Peccato. Per stare in tema coi cliché e le frasi fatte della fiction, un’occasione sprecata.
GIUDIZIO: 3 su 5
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