di Stefano Di Maria
Arriva su Netflix la miniserie PAINKILLER che racconta la storia vera delle morti causate in America dall’antidolorifico Oxycontin, che può provocare dipendenza come l’eroina. Lo aveva già fatto egregiamente DOPESIK (non perdetela se avete l’abbonamento a Disney +), il cui tema è sempre capace di catalizzare l’attenzione, come dimostra – a pochi giorni dal rilascio sulla piattaforma – il posizionarsi di PAINKILLER al secondo posto della top ten. I produttori esecutivi sono Eric Newman, Peter Berg, Alex Gibney, mentre Micah Fitzerman-Blue e Noah Harpster fanno da showrunner e ideatori. Tra gli interpreti: Uzo Aduba, Matthew Broderick, Taylor Kitsch, Dina Shihabi e West Duchovny.
PAINKILLER – Di cosa parla
PAINKILLER è una miniserie sceneggiata, che esplora le origini e le conseguenze della crisi degli oppioidi in America in forma romanzata, mettendo in evidenza le storie dei responsabili, delle vittime e delle persone che vogliono scoprire la verità, le cui vite sono state stravolte per sempre dall’invenzione dell’OxyContin prodotta dalle Purdue Pharma.
Analisi del crimine, delle responsabilità e dei sistemi che hanno ripetutamente mancato di proteggere centinaia di migliaia di americani, PAINKILLER è tratta dall’omonimo libro “Pain Killer: l’impero dell’inganno e la grande epidemia americana di oppiacei”, di Barry Meier, e dall’articolo “The family that built an empire of pain” (New Yorker), di Patrick Radden Keefe.
PAINKILLER – La recensione. Uno spaccato toccante, pur dal taglio documentaristico
La miniserie di Netflix è uno spaccato, dal taglio documentaristico, di una tragedia in atto da decenni, che ha determinato una delle crisi di salute pubblica più devastanti del nostro tempo. La regia di Peter Berg (THE LEFTOVERS) è scattante, dinamica, mostrando in ogni scena la crudeltà dei proprietari della casa farmaceutica e il dramma delle vittime della diffusione dell’Oxycontin (anche collaterali, intese come famiglia). La serie, fra l’altro, spiega con chiarezza il sistema architettato dalla Purdue per far approvare il farmaco e farlo prescrivere dai medici, convincendoli tramite venditrici giovani e avvenenti. Un sistema che ha funzionato al punto da divenire una macchina da soldi.
A rendere il racconto il più realistico possibile è la scelta di aprire ogni episodio con le testimonianze dei familiari di vittime reali. Da applausi l’interpretazione di Taylor Kitsch: la storia di Glen, molto coinvolgente, rappresenta le storie dei 500mila morti per la dipendenza dall’Oxycontin, segnati dalla disperazione nelle crisi di astinenza e dal vuoto creatosi attorno per l’allontanarsi di tutte le persone care.
Uzo Aduba interpreta invece Edie Flowers, che si è spesa oltre ogni modo per punire i responsabili, mentre Mattew Broderick è eccezionale nei panni di Richard Sackler, uomo mostrato dagli autori come un imprenditore freddo e calcolatore, senza alcuna empatia, interessato solo ai soldi.
Al termine dei sei episodi, che tengono col fiato sospeso come se fosse un thriller, lasciano l’amaro in bocca le informazioni fornite allo spettatore sull’epilogo di una vicenda che avremmo voluto vedere a lieto fine ma che, in realtà, non si è ancora chiusa del tutto.
GIUDIZIO: 4/5
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